UN ORDINE MONDIALE TUTTO MADE IN USA

Leggi come introduzione il nostro precedente articolo: Il dollaro americano: la valuta più potente al mondo

Ad oggi, anche se non agli stessi livelli del dopoguerra, il dollaro americano è la valuta più potente del mondo, e su questo non si discute.

Gli Stati Uniti di questo ne hanno beneficiato e ad oggi si confermano una delle economie più rilevanti al mondo. Due sono le considerazioni da fare: 1) L’America è potente in quanto tale, un’astuta pianificatrice; 2) L’America è potente perché è patria della FED. 

Torniamo un pochino indietro nel tempo, alla fine della Seconda guerra mondiale, e proviamo ad immaginare economie come la Germania, la Francia, l’Italia, che, vincitori o vinti, si ritrovavano in gravissime condizioni. Vite ed economie da ricostruire. C’era bisogno di aiuto e in qualche modo bisognava ripartire, ma una ricostruzione basata sui propri fondi era impensabile. 

Oltre oceano c’erano i potenti Stati uniti, che nonostante la loro partecipazione alla guerra, continuavano ad avere un’economia solida e prosperosa. Già durante la guerra si erano vestiti del ruolo di soccorritori nei confronti dei paesi europei ed ancora una volta, anche se in modo forse un po’ più inusuale, decisero di prestare aiuto ad un Europa in disperato bisogno di importare. Aprirono, così, le porte dei propri mercati a tariffe praticamente gratuite e pattuirono il famoso accordo di Bretton Woods (da ora BW). Vennero inoltre istituite delle organizzazioni come la World Bank, la World Trade Organization o WTO e l’IMF o Fondo monetario internazionale affinché elargissero prestiti alle economie europee. 

Tutto ciò aveva permesso all’Europa di raccogliere le proprie forze e ripartire per la grande ricostruzione. Nessuno aveva potuto lamentarsi, alla richiesta di aiuto c’era stata una risposta pronta ed efficace. 

Mentre l’Europa sospirava, l’America conquistava. Di certo tutto ciò non era un’opera di carità, specialmente se parliamo di Stati Uniti d’America, bensì un piano che prevedeva di fornire aiuto economico in cambio di controllo. Fu così che si siglarono una serie di accordi ed iniziative, quali:

  1. L’accordo di BW con il quale si auto confermò a quel tempo come l’unico Stato che poteva coniare nuova moneta per fini commerciali internazionali. Ora non esiste più questo accordo, ma l’America e la sua moneta rimangono due colossi mondiali.
  2. L’istituzione, sotto il suo controllo, degli organismi finanziari sopracitati, ad oggi non più con le stesse funzioni iniziali, ma pur sempre vigenti e attivi.
  3. L’istituzione della NATO, organismo atto a preservare la sicurezza globale, ovvero un sistema di controllo tutto americano. 
  4. L’apertura delle porte dei suoi mercati per esportare prodotti ai paesi Europei, a patto che i trasporti venissero effettuati tramite navi americane, avendo così il pieno controllo degli scambi commerciali.

All’Europa non era stato chiesto nulla in cambio in termini economici, ecco perchè definirlo un inusuale aiuto: sotto le vesti di una donazione, c’era un piano di conquista del controllo finanziario e della sicurezza mondiale. Tutto ciò che riguardava la valuta, il commercio estero e la sicurezza era sotto il controllo di Washington.

Si andava così delineando una struttura di politica internazionale che vedeva l’America al vertice e alla base tutti gli altri paesi. A parte questo, l’Europa non poteva che essere riconoscente degli aiuti ricevuti ed il commercio internazionale aveva raggiunto livelli mai visti prima. Non c’era motivo di opporsi a questa nuova politica, tanto che anche paesi come il Giappone decisero di firmare il patto di BW perché significava essere parte di un grande meccanismo che avrebbe portato benefici a chiunque ne avesse preso parte. 

Il ruolo dell’America nel 2019 non è più lo stesso. Ci sono economie emergenti dalle quali si sente minacciata, ci sono valute che stanno aumentando il loro potere di scambio e ci sono dinamiche geo politiche diverse. Nonostante ciò rimane ancora oggi la più potente, non stabilendo più da un lato, l’ordine monetario, vista la caduta dell’accordo di BW, ma la “sicurezza” è sicuramente gran parte ancora sotto il suo controllo. Guerre tecnologiche, guerre dei dazi, sono tutte sintomo della paura di perdere tutto ciò che finora è riuscita a conquistare. 

L’America è potente perché qui si colloca l’istituto finanziario più influente del mondo, la FED o Federal Reserve, una Banca le cui decisioni e scelte sono attese da tutto il mondo vista la loro influenza globale. 

Dopo la crisi del 2008, le decisioni della FED caratterizzarono i primi importanti step per la ripresa, per il riassetto delle condizioni finanziare della maggior parte delle banche mondiali. Ciò che è accaduto, di fatto, ha reso il dollaro e la FED più potenti, perché tutto il sistema bancario mondiale ha, paradossalmente, ancor più di prima, fatto affidamento sul dollaro, aumentando il proprio debito in valuta americana. Tra le varie manovre messe in atto per prevenire una crisi di liquidità come quella vissuta durante il crash, c’è stato l’aumento del cosiddetto Fed Fund Rate, ovvero il tasso di interesse sugli scambi interbancari. Risultato? Prendere in prestito dollari è diventato ancora più oneroso.

Le politiche monetarie della FED hanno un impatto globale rispetto alle altre banche centrali, come appurato nell’articolo precedente, ci sono però alcune considerazioni da fare. Gran parte di coloro che richiedono prestiti nei paesi emergenti lo fanno in dollari perché significa avere accesso a mercati più liquidi e grandi, proteggendo il prestito da eventuali brusche fluttuazioni dei tassi di cambio delle valute locali minori. La maggior parte di questi investitori, ad esempio aziende, mantiene il proprio business in valuta locale. Questo vuol dire che il tasso di interesse a cui l’investimento dell’azienda è sottoposto è il prezzo del prestito in termini di valuta locale. Perciò, se la Fed riduce i tassi di interesse, e quindi il costo del prestito dovrebbe ridursi, l’investitore può non beneficiarne, perché  l’investimento è esposto all’andamento del tasso di cambio valuta locale/USD. Se si prevede un apprezzamento del dollaro, quel prestito sarà più oneroso in termini di valuta locale. Ecco che quindi le decisioni della FED sono solo uno dei tanti fattori che gli investitori da tutto il mondo devono considerare, come l’andamento dei tassi di cambio e le risposte politiche delle altre banche centrali rispetto a determinate decisioni della FED.

Ancora una volta: perché America in quanto tale, perché patria della FED e perché coniatore di dollari, fattore che gli dona l’esorbitante privilegio di emettere debiti nella propria valuta e di gestire persistenti deficit apparentemente senza conseguenze.

L’America fa eccezione, sempre. 

L’IMF e la WTO sono nate con l’accordo di BW e avrebbero dovuto essere dismesse quando l’accordo è venuto a mancare, alcuni analisti criticano, eppure sono ancora in piena attività.

Ha un debito che supera i 22 mila miliardi di dollari, ma la sua economia è ancora considerata la più solida. Non si è mai smesso di investire in America, nemmeno dopo il 2008, anzi, come abbiamo visto, paradossalmente si è iniziato ad investire di più. 

L’America va oltre i modelli economici, spiega fenomeni che non sono spiegabili con le teorie economiche tradizionali. Uno stato con una yield curve negativa non può essere considerato un’economia solida, eppure il comportamento degli investitori dimostra il contrario. È vero, però, che la crisi del 2008 ha dimostrato che anche le teorie economiche keynesiane non sono infallibili ed al giorno d’oggi il sistema finanziario è talmente complicato, intrecciato ed imprevedibile che risulta sempre più difficile trovare una spiegazione a tutto ciò che accade. 

“We are gonna make America, great again!” Trump continua ad affermare. Un motto e un presidente che rappresentano in tutta la loro interezza lo spirito di un’America potente e che continua a volersi affermare nel mondo ma che si ritrova a difendere il suo dominio con tutti i mezzi a sua disposizione contro grandi giganti economici oltreoceano che avanzano e destano non poca preoccupazione.

IL DOLLARO AMERICANO: LA VALUTA PIU’ POTENTE DEL MONDO

Secondo il Fondo Monetario Internazionale, FMI, il dollaro americano è la valuta più popolare, seguita da euro e yen giapponese. I dati aggiornati al primo trimestre 2019 riportano che il 61% delle riserve delle banche centrali di tutto il mondo è in dollari.

Circa il 40% del debito mondiale è in valuta americana, equivale a dire che le banche straniere hanno bisogno di molti dollari per condurre il loro business, ragione per cui la crisi del 2008 non si è limitata ai confini statunitensi. Dei 27 trilioni di dollari di debito delle banche non americane, 18 trilioni erano in dollari.  A quel tempo la FED dovette aumentare la cosiddetta linea di swap del dollaro (dollar swap line), che non è altro che un accordo tra due o più banche centrali per lo scambio delle rispettive valute. La FED decise di aumentarla permettendo così alle banche di ricevere importi in dollari statunitensi in cambio del loro controvalore in euro, evitando così che le banche di tutto il mondo rimanessero con le tasche vuote.

Il fatto che sia la moneta che circola maggiormente nel mercato è solo uno dei fattori che dimostra quanto il suo ruolo sia fondamentale. Più di un terzo del GDP mondiale si riferisce a paesi che hanno fissato il valore della loro valuta al dollaro o che lo hanno adottato come moneta ufficiale. Nel forex (foreign exchange market ovvero il mercato di scambio valute estere) il dollaro regna, circa il 90% degli scambi forex sono in dollari. 

Il dollaro è la valuta più potente del mondo perché il suo valore è sostenuto da un’economia solida e che da sempre è considerata tale, ma come ha ottenuto questa posizione di egemonia rispetto a tutte le altre valute? Nel mondo ci sono 185 valute diverse, teoricamente tutte possono essere potenziali sostituti del dollaro, ma non lo sono, per le ragioni che vi illustrerò.

L’ascesa del dollaro americano coincise con l’accordo di Bretton Wood del 1944, un importante accordo internazionale che siglò l’inizio della trasformazione del sistema monetario internazionale. Le rappresentanze di 44 Stati, 730 partecipanti si riunirono per elaborare nuove regole e procedure per creare un nuovo Sistema monetario. Il sistema vigente fino ad allora, il cosiddetto sistema aureo, consisteva nel fissare il valore della moneta sulla quantità di oro (gold standard). L`economia dipendeva sostanzialmente dalla circolazione e dalla disponibilità dell`oro e a quel tempo Washington ne deteneva i ¾ di tutta la quantità mondiale, mentre gli altri Stati non ne disponevano abbastanza da poter far circolare la propria moneta. Questa necessità era legata al periodo storico nel quale il valore dell’oro era collassato e quindi il sistema aveva la necessità di non basarsi più su questo valore fisso ma sulla flessibilità di un’altra valuta, il dollaro. 

 L`accordo stabilito fu quello di fissare il dollaro all`oro ad un tasso fisso, mentre tutte le altre valute a sua volta erano fissate al valore del dollaro. Il nuovo procedimento consisteva nel convertire il franco, ad esempio, in dollari e, a sua volta, i dollari in oro. 

La transizione dall’ oro al dollaro aveva portato l`America, unico Stato abilitato ad aumentare la quantità di denaro in circolazione, a diventare una banca universale. L’economia americana crebbe e così anche il commercio internazionale, che raggiunse livelli impensabili con il regime monetario precedente.

Una volta stabilito un nuovo ordine monetario, nel 1970 una nuova ondata di instabilità rese tutto il Sistema più precario. La domanda di dollari americani aumentò rispetto alle altre valute e nonostante il governo americano continuasse a stampare nuovi dollari, il valore dell`oro rimaneva lo stesso. L’economia americana soffriva per inflazione e recessione (cosiddetta stagflation), il dollaro era svalutato e parte del problema era legato al fatto che quest’ultimo era diventato una riserva globale. Questi furono i presupposti che portarono Nixon, nel 1973, a prendere la coraggiosa decisione di disancorare il valore del dollaro a quello dell`oro. Questo segnò la fine di Bretton Woods, e l’inizio di un nuovo sistema decentralizzato, in cui ogni Stato stabiliva il suo rateo di scambio e i valori delle maggiori valute venivano stabilite dal mercato forex a seconda della domanda e offerta (il cosidetto sistema di rateo di scambio “floating” ). In questo nuovo sistema, quindi, il dollaro non aveva più motivo di essere la valuta più utilizzata, ma di fatto ha continuato a detenere questa supremazia.

Sicuramente una prima spiegazione “simbolica”è l’abitudine, dovuta al fatto che fino ad allora nelle transazioni internazionali si era sempre usato il dollaro americano e non c’era quindi nessun motivo di  cambiare. Questo indirettamente ha portato il dollaro ad avere una certa reputazione, che risulta una delle ragioni principali del suo potere. Lo dimostra il caso della Cina che dal 2009 reclama una nuova valuta globale per creare un unica grande riserva che sia disconnessa da una singola nazione e che rimanga stabile nel lungo termine. Attualmente sta cercando di internazionalizzare il renminbi o Yuan cinese e l’ostacolo principale sembra proprio essere la ricerca di una reputazione e di un riconoscimento internazionale che ora non ha. Nonostante ciò, nel primo trimestre del 2019 le banche centrali detenevano circa 213 miliardi di dollari in renmimbi, che sono solo una frazione dei 6.7 trilioni di dollari attualmente detenuti, ma le previsioni stimano una crescita continua nei futuri anni.

Oltre a tutto ciò, il dollaro ha delle caratteristiche che altre valute non hanno:

1) Stabilità di valore: sin dagli anni 80 la FED (Federal Reserve) è riuscita a mantenere livelli di inflazione bassi e stabili.

2) Liquidità: il mercato finanziario statunitense ed in particolare il Treasury market ( il mercato dei titoli di stato Americani) è il più liquido al mondo e una delle ragioni è proprio la persistente preferenza del dollaro americano nel commercio internazionale. 

3) Sicuro: Nonostante l’oltraggioso debito, c’è una grande disponibilità di asset in dollari che sono considerati molto sicuri, un paradiso sicuro (safe heaven).

4) Lender of last resort: la FED può fornire dollari durante i periodi di crisi attraverso la cosiddetta linea di swap con 14 banche centrali. Che vuol dire che fornisce dollari alle banche centrali straniere che a sua volta trasferiscono alle diverse banche nei periodi di crisi.

Detto ciò, quali sono i benefici che l’America ha nel detenere questa potente valuta?

L’ex Ministro delle Finanze francese Valery d’Estaing ha parlato di un «esorbitante privilegio». Cosa voleva suggerire questa sua affermazione?

Scoprilo nel prossimo articolo.

PADRE RICCO PADRE POVERO

Titolo di un libro rivoluzionario scritto da Robert Kiyosaki, un famoso scrittore e affarista americano. 

Cosa distingue un ricco da un povero oltre alla somma di denaro che hanno a disposizione? Si tratta di ingiustizia sociale, di differenze innate, di mancanza di motivazione? – I ricchi hanno qualcosa da insegnare ai poveri – afferma Kiyosaki nel suo libro e pagina dopo pagina regala pillole di saggezza finanziaria che per un cittadino medio possono rappresentare la chiave di svolta della propria vita.

La storia autobiografica di Robert si divide tra gli insegnamenti dati dal padre povero, padre naturale con impiego statale e dal padre ricco, ovvero padre di un suo caro amico che al contrario gestisce un’attività propria.

La contrapposizione tra le due figure paterne si basa sulle modalità di gestione del proprio denaro. Da una parte il padre povero lo incoraggiava a studiare molto per ottenere un posto di lavoro sicuro (come il suo da dipendente), mentre il padre ricco lo spronava a studiare per imparare a gestire una propria attività ed essere quindi un imprenditore.

Il concetto chiave, colonna portante di tutto il ragionamento alla base del libro, è la differenza tra attivo e passivo. Passivo è tutto ciò che provoca un’uscita di denaro: l’automobile, la casa, il telefono, elettrodomestici, ecc. Le persone “povere” comprano passivi, ovvero investono i propri soldi in acquisti che in futuro non frutteranno ma anzi si svalutano al momento dell’acquisto stesso, diventando quindi un costo. Attivo è tutto ciò che provoca entrate future in seguito ad un investimento iniziale: obbligazioni, azioni e immobili sono gli esempi più comuni. Le persone “ricche” investono in attivi. Spesso in varie pagine del suo libro, illustra il meccanismo di circolo delle entrate e delle uscite attraverso un banale cash flow familiare e dimostra quanto siano diverse le due prospettive.

Questo libro impartisce 8 lezioni fondamentali: 

  1. Il ricco non lavora per il denaro ma fa in modo che il denaro lavori per lui.
    In poche parole, è necessario investire in attivi perché nel futuro prossimo si viene ripagati
  2. Conoscere le basi dell’economia.
    Kiyosaki stressa molto la necessità di insegnare e trasmettere fin dai primi anni di scuola dei concetti di educazione finanziaria, ovvero di gestione delle proprie risorse. 
  3. Cura i tuoi interessi.
    Non finire per occuparsi solo di lavoro ma coltiva ciò che ti interessa veramente.
  4. Le tasse e il potere delle aziende.
    Conoscere le leggi e le norme per sfruttarle a proprio vantaggio in qualsiasi investimento ci si cimenti. Non subire le tasse, ma anticipare lo Stato. Generalmente il cittadino medio guadagna, paga le tasse e poi spende, ovviamente ciò che gli rimane. L’uomo ricco, invece, guadagna, spende e POI paga le tasse, dopo aver già soddisfatto i propri bisogni e desideri.
  5. I ricchi inventano il denaro.
    I ricchi colgono opportunità da situazioni apparentemente sfavorevoli. Non subiscono, ma si attivano per escogitare nuovi metodi per fare denaro.
  6. Lavora per imparare, non lavorare per il denaro.
    Tutti lo vorremmo, ma non tutti siamo consapevoli che è possibile. Spesso cita la cosiddetta trappola del criceto o corsa del topo, ovvero quell’inganno nel quale la maggior parte delle persone ricade: si guadagna, si pagano le tasse e si spende (se possibile), questo è il ciclo, ogni mese la stessa storia. 
  7. Il tempo è denaro.
    Noi spendiamo tempo per avere in cambio denaro… e se spendessimo del tempo per “educare” il denaro a lavorare per noi? Così il risparmio è doppio e ci rimane il tempo per dedicarci a ciò desideriamo. 
  8. Sfruttare il proprio potenziale.
    Sottolinea spesso che ogni essere umano possiede un grande potenziale, ma la paura del rischio frena le loro capacità imprenditoriali. I poveri sono alle volte persone molto intelligenti che non hanno mai avuto il coraggio di andare oltre le proprie paure. Spesso i ricchi non sono i più intelligenti ma i più audaci, intraprendenti e lungimiranti. 

È importante sottolineare la sfumatura che Kiyosaki dà ai termini ricco e povero. Alla fine di questo articolo è chiaro che la distinzione non è solo in termini di ricchezza (denaro che si possiede) ma in termini di saggezza finanziaria. Il povero è colui che vede lo stipendio come la prima e unica forma di sicurezza e fonte di ricchezza. Il povero è colui che, anche se gli verrà prestata un’ingente somma di denaro, tornerà povero. Il ricco è una persona umile che è in grado di generare ricchezza.

“Consiglierei di leggere questo libro a chiunque, non nella speranza che cambi il proprio pensiero ma nella speranza di diffondere consapevolezza. Una gestione delle proprie finanze lungimirante e responsabile – afferma Kiyosaki – può essere la chiave per vivere la vita che ognuno di noi ha sempre desiderato. Rischiare ma con consapevolezza, dedicando una parte del nostro tempo ad un’attività che di tempo ce ne regalerà.”

FRIDAYS FOR FUTURE: dalle parole ai fatti

Dalla newsfeed di facebook al post su instagram, dal quotidiano alla TV, dai convegni alle chiacchiere da bar, ormai ovunque si sente parlare di Fridays for future e della sua paladina Greta Thunberg. Amata e criticata, sicuramente non le si può negare il merito di aver sollecitato i vari capi di Stato a considerare la questione ambientale con un livello d’urgenza tale da porla ai primi posti nelle loro “to-do list”. 

Fridays for future nasce principalmente per coinvolgere i ragazzi di varie fasce d’età a scioperare per l’ambiente, perché l’istituzione scolastica non ha futuro se non si pensa al domani. È un movimento che sta coinvolgendo molte città in tutti il mondo e non ha leader riconosciuti, bensì punta sulla forza dell’unione in un unico pensiero: cambiare le nostre abitudini per proteggere l’ambiente e sollecitare il mondo pubblico e privato ad agire. Il “meccanismo” di produzione e consumo che nel corso degli anni noi esseri umani abbiamo messo in atto sta deteriorando il nostro Pianeta e le sue risorse. L’obiettivo è diffondere consapevolezza nei singoli, ma soprattutto stimolare i governi ad implementare nuove riforme e misure atte a ridurre l’impatto ambientale nel lungo termine.

Cosa chiedono gli studenti in concreto a Governi ed aziende? In parole povere, ricercare mezzi e strumenti per incentivare tutte le attività a ridurre il proprio impatto ambientale (cosiddetto carbon footprint) riducendo le proprie emissioni e incorporando nel proprio modello di business l’ulteriore step di riutilizzo dei prodotti di scarto, introducendo così il concetto di economia circolare.

Dal punto di vista teorico il ragionamento risulta lineare, pulito e socialmente corretto, ma nella pratica, la sostenibilità è davvero economicamente sostenibile?

Negli ultimi anni la risposta potrebbe sembrare affermativa: il mercato del lavoro connesso alle energie rinnovabili come il solare sembrerebbe essere in grado di generare numerosi posti di lavoro nonché profitti diretti o indiretti grazie al sostanziale abbattimento dei costi di implementazione di queste tecnologie. Per dare qualche numero, nel 2018 i lavori connessi all’energia pulita sono aumentati del 3.6% e ci si aspetta una crescita del 6% nel 2019. Ovviamente ci sono numerose ricadute sul settore energetico basato sul carbone e sul petrolio che ha visto una pesante riduzione della produzione e dei posti di lavoro dal 2011.

Molti entusiasti della green economy sostengono come basti semplicemente aumentare la copertura di pannelli solari e pale eoliche per risolvere molti (se non tutti) problemi legati al clima. Così facendo però andiamo ad ignorare uno dei fattori che potenzialmente potrebbero rendere le energie rinnovabili economicamente sostenibili nel lungo termine. Questo richiedere una quantità enorme di ricerca, che come si può immaginare, non è propriamente poco costosa. Normalmente lo stato si trova in prima linea quando si tratta di fare questo tipo di ricerche, ma dopo la crisi del 2007 siamo costretti a fare i conti anche un altro problema.

Come in ogni famiglia, la macchina Stato funziona se c’è un equilibrio tra ciò che si guadagna e ciò che si spende, ma non è sufficiente. In primis ci deve essere la crescita, che si misura sulla base di ciò che un’economia produce ossia l’output reale e si verifica quando quest’ultimo aumenta nel corso del tempo. Essa si definisce economicamente sostenibile quando non arreca danni significativi al sistema economico del paese specialmente per le generazioni future e quindi nel lungo termine. Pensando al nostro paese, oberato da un debito pubblico insostenibile accumulato negli anni e destinato a crescere, sorge spontanea la domanda: “Come può un’economia continuare a crescere per sempre”? Alla base deve esserci un meccanismo che si evolve e si innova sempre in prospettiva futura, perciò per una crescita costante è necessario un aumento della capacità di crescita di un’economia.

Nonostante i dati incoraggianti, il cambio di rotta verso un’economia “amica dell’ambiente” garantirebbe comunque la crescita economica? 

Recentemente l’UE ha emanato una direttiva che bandisce la plastica monouso dal 2021 in Europa. Questo sicuramente non è una buona notizia per le aziende e gli operai del settore. Inoltre, il rapporto Eurostat segnala che sono aumentate del 2,2 % sul territorio europeo le cosiddette tasse ambientali, che molti definiscono una truffa ai danni delle imprese. Si tratta di uno strumento indiretto tramite il quale lo Stato dimostra di implementare le politiche ambientali, imponendo alle aziende e singoli di pagare una certa somma di denaro in base all’utilizzo di risorse o alla conduzione di un’attività che inquinano. Stiamo quindi sottoponendo le piccole medie imprese ad un sistema fiscale sempre più invadente e gravoso, aumentando le possibilità di fallimento, tutto in nome della protezione ambientale. Come si contempla la crescita in un sistema che aggrava e non agevola le aziende a produrre? 

“Per la protezione del pianeta” è una causa che vale la pena sposare se, e sottolineo se, tutti la condividessero. Prendiamo ad esempio economie come la Cina: ad utilizza gas banditi ormai da tutto il mondo perché altamente inquinanti, ignorando completamente i trattati internazionali; il governo ha recentemente attuato un piano di costruzione di centinaia di centrali a carbone; infine insieme all’India è responsabile del 90% della plastica sui mari. I trattati internazionali come quello di Parigi sono accordi presi sulla base del buon senso e delle promesse, ma non se ne può imporre l’applicazione. Così le PMI europee sono costrette a pagare di più per ridurre l’impatto sull’ambiente, mentre le grandi multinazionali continuano a delocalizzare la loro produzione nei paesi in via di sviluppo dove il costo della manodopera è più basso e la riduzione delle emissioni non è sicuramente una priorità. L’impegno non è condiviso da tutti e i piani d’azione non convergono tutti verso un unico obiettivo. Qualcosa non torna e sicuramente se lo sviluppo sostenibile porta ad un aumento delle tasse e disoccupazione allora non è economicamente sostenibile.

Scioperare per l’ambiente è un atto virtuoso e diffondere consapevolezza sul tema lo è ancora di più. Duole dire, però, che questo messaggio va rivolto in modo prepotente a quei Paesi che, nonostante le promesse, continuano ad ignorare il problema e a fare dell’utilizzo massivo delle limitate risorse naturali la fonte della propria crescita economica.