
“This is a crisis like no other. We have witnessed the world economy coming to standstill. We are now in recession. It is way worse than global financial crisis of 2008.”
Il Fondo Monetario Internazionale annuncia così, a metà Aprile, l’entrata ufficiale dell’economia globale in recessione, ovvero le aspettative di crescita sono passate da positive a negative per due semestri consecutivi. Ripercorrendo la storia ci sono state certamente altre crisi sanitarie, ma questa è diversa dalle altre.
In che modo questa crisi è diversa?
Le principali caratteristiche che la contraddistinguono sono:
- l’indistinto coinvolgimento di tutti gli Stati in modo quasi simultaneo;
- per contrastare il suo decorso e l’incidenza mortale del virus è necessario bloccare l’economia globale;
- la totale incertezza sul futuro. Ci sarà una seconda ondata di contagio? Ci sarà un vaccino nei prossimi mesi o anni?
A differenza di altri virus che hanno colpito le popolazioni, questo si è diffuso con un raggio d’azione senza precedenti grazie ad un mondo sempre più interconnesso. Una rete di collegamenti così ben strutturata e solida è stata una via preferenziale per Covid19, che è balzato da un oceano all’altro con gran facilità. Ai tempi della SARS, 17 anni fa, il mondo non era così collegato e le barriere geografiche, oggi abbattute dalla globalizzazione, erano state l’arma contro la diffusione globale del virus. Ha colpito tutti, paesi sviluppati e non, mettendo a nudo la loro totale impreparazione di fronte ad una crisi pandemica. Nessuno era pronto, nessuno di noi.

Che tipo di shock economico ci dobbiamo aspettare?
L’intensità dello shock dipende dalle caratteristiche epidemiologiche del virus, dalle risposte della politica, delle aziende e dei consumatori di fronte a questa crisi. La tipologia dello shock, invece, dipende dal danno provocato al lato dell’offerta delle economie, in particolare alla formazione di capitale. Lo shock può essere identificato con le cosiddette forme a V, U ed L. La forma V è tipica di un’economia che ha vissuto un importante rallentamento ma la crescita alla fine è rimbalzata, tornando ai livelli precedenti. E’ la previsione più rassicurante. La forma a U si distingue dalla forma a V per un danno economico maggiore, ovvero il tasso di crescita post-crisi è tornato ad aumentare ma non ha raggiunto i livelli precedenti, definendo un divario tra livelli pre e post-crisi. La forma ad L è la prospettiva peggiore, in cui il tasso di crescita è declinato, il livello produttivo non è mai tornato ai suoi livelli precedenti e la crisi ha creato danni strutturali duraturi sull’offerta. Ad oggi, nonostante si auspichi ad una ripresa a V, è difficile poter prevedere con certezza la geometria dello shock.
Fare delle previsioni è una nuova sfida?
Quello che è successo nelle ultime 10 settimane non rientrava nei calcoli di rischio. Ad oggi, per la prima volta nella storia, dichiara Kristalina Georgieva, Direttrice operativa del FMI, la proiezione dei dati economici nel futuro è più ardua che mai. Ciò che accadrà nei prossimi mesi dipende dalle risposte dei policy makers, dal decorso del virus e dalla scoperta di un vaccino. Solitamente le previsioni si basano su un modello che considera i dati epidemiologici da un lato e macroeconomici dall’altro. La sfida di oggi è riuscire ad integrare a questi dati i possibili scenari futuri, tenendo conto che non tutti i sistemi politici affronteranno la crisi allo stesso modo. L’interpretazione deve, così, conoscere nuove frontiere e creare nuovi modelli.
Ci si chiede ad esempio se, ipotizzando una situazione post-crisi con un nuovo vaccino, il consumatore avrà lo stesso atteggiamento o tenderà ad una maggiore avversione al rischio. Dobbiamo aspettarci una tendenza alla deglobalizzazione? Oppure il pragmatismo prevarrà? Solo il tempo ci darà delle risposte.
E’ chiaro che, indipendentemente dai possibili scenari futuri, l’economia dovrà ripartire in modo graduale e responsabile e ci sarà un apprendimento passo a passo, monitorando e gestendo al meglio l’inevitabile futuro aumento dei debiti nazionali, deficit, casi di bancarotta, disoccupazione e povertà.

Spesso i dati vengono confrontati con la crisi finanziaria del 2008, perché sono diverse?
“This is a crisis like no other” è stato sottolineato più volte. Innanzitutto la grande recessione del 2008 è stata provocata da una crisi finanziaria, quindi endogena al sistema economico, mentre questa recessione è causata da un evento extraeconomico.
Il tracollo del 2008 è partito da un bolla finanziaria che tramite una crisi del credito ha avuto forti ripercussioni anche sull’economia reale, che, seppur colpita, ha comunque continuato a funzionare. Quello a cui ci troviamo di fronte oggi è un arresto delle attività produttive combinata ad un drastico calo dei consumi, come conseguenza del lock down. È una crisi della domanda e dell’offerta, che comporta un congelamento dell’economia reale su larga scala. La crisi congiunta di domanda e offerta sta naturalmente portando ad una crisi del sistema finanziario. Da un lato i fallimenti nell’economia reale rendono difficile la gestione del sistema finanziario, dove le banche si ritrovano a dover fare prestiti alle imprese che non sono più in grado di far fronte alle proprie obbligazioni, dall’altro una crisi finanziaria comporta una crisi del credito (ciò che è accaduto nella crisi del 2008). Un vero e proprio effetto domino.
È uno scenario senza precedenti il cui prolungamento compromette la formazione di capitale, la crescita della produttività e la partecipazione al lavoro.
Qual è la miglior reazione a questa crisi?
Non esiste alcun manuale di politiche che si possono adottare in questo caso, non esiste una roadmap da seguire, ce la dobbiamo costruire noi. È sicuro che una condizione d’incertezza ci sarà finché l’avvento di un vaccino non ci renderà meno vulnerabili, ma il livello di allerta deve rimanere alto perché questo tipo di crisi potranno ripetersi.
Si è parlato di economia di guerra, non perché ne abbia le caratteristiche tipiche ma nell’intento di evocare una situazione straordinaria che richiede azioni straordinarie. La spesa pubblica va aumentata in modo ragionato ed attento, ben canalizzata verso imprese e famiglie che debbono poter restituire i prestiti nelle condizioni più favorevoli. Lo Stato deve intervenire come sanatore ma anche come innovatore.
“Dobbiamo inventare una saggezza nuova per una nuova era. E nel frattempo, se vogliamo fare qualcosa di buono, dobbiamo apparire eterodossi, problematici, pericolosi e disobbedienti agli occhi dei nostri progenitori”. Keynes si esprimeva così, ricordandoci che da questo dramma può nascere l’occasione di riflettere su nuovi modi di vivere e di convivere con questo tipo di avvenimenti.

Monica Girardi