TASSI DI INTERESSE E INFLAZIONE: COME PROCEDERÀ LA BCE

Il 15 dicembre 2022 sarà un giorno cruciale per l’Eurozona. Si terrà il tanto atteso meeting dei vertici della BCE, in cui si discuterà l’approccio da adottare per riportare l’inflazione al suo valore target di medio periodo del 2%. Un terzo ciclo di aumento dei tassi di interesse è inevitabile, l’unico nodo da sciogliere riguarda l’aumento: si opterà per un incremento di 50 punti base o di 75 punti base?

PERCHÉ LA BCE MODIFICA I TASSI DI INTERESSE?
A tal proposito è necessario compiere fin da subito una distinzione. Ci sono alcune banche centrali che si focalizzano sulla base monetaria e, affinché non vari, operano sui tassi di interesse. Altri istituti centrali, tra cui la BCE, fissano, invece, un tasso di interesse obiettivo da mantenere invariato nel medio periodo, ricorrendo ad operazioni nel mercato aperto dei titoli. In altre parole, in condizioni politico-economiche normali, il tasso di policy di medio periodo non cambia, mentre si modificano solo i tassi di interesse di breve periodo per effetto dell’acquisto o della vendita di titoli da parte della Banca Centrale.
Le motivazioni che inducono una Banca Centrare come la BCE ad aumentare o a ridurre i tassi di interesse possono essere varie. La produzione è al di sopra o al di sotto del suo livello potenziale, l’inflazione presenta valori elevati o troppo bassi, la domanda di moneta è cresciuta o è diminuita. Tendenzialmente, si tratta di situazioni patologiche, che la Banca Centrale deve fronteggiare modificando o adeguando la politica monetaria fino ad allora adottata.
Nella situazione economia attuale, la BCE sta alzando i tassi di interesse per riportare l’inflazione al 2%.

COS’È L’INFLAZIONE E PERCHÉ LA BCE AUMENTA I TASSI DI INTERESSE?
Con il termine “inflazione” si intende l’aumento generalizzato e costante dei prezzi che provoca, al tempo stesso, una perdita del potere d’acquisto. La Banca Centrale Europea prevede, secondo il proprio statuto, di mantenere un target inflazionistico del 2%. Un livello di inflazione contenuto nel tempo, infatti, è sintomo di crescita economia. Semplificando al massimo, quando la domanda di beni e servizi supera l’offerta, le imprese sono propense ad aumentare i prezzi e, al contempo, aumentano i propri livelli di produzione.
Un’inflazione galoppante o stabile su valori elevati fuori target, invece, avrebbe effetti negativi come la diminuzione del potere d’acquisto e la perdita di valore dei risparmi. Attualmente l’inflazione è pari circa al 10,6% nell’Eurozona. Facendo un semplice esempio, un prodotto che l’anno scorso costava €100 ora ha un prezzo di €110,60. Pertanto, o si adeguano i salari all’inflazione per fronteggiare l’aumento dei prezzi o il proprio tenore di vita cala.
In situazioni economiche come quella che caratterizza il giorno d’oggi, la Banca centrale è costretta ad aumentare il tasso di policy per riportare l’inflazione al proprio valore target. Se una politica monetaria espansiva è volta a favorire lo sviluppo economico, al contrario, una politica monetaria restrittiva mira a raffreddare un’economia surriscaldata. Fornendo uno scenario accelerato per comprendere gli effetti, un aumento importante dei tassi di interesse da parte della BCE comporterebbe la diminuzione innanzitutto degli investimenti delle imprese e dei privati, in quanto prendere a prestito o accendere un mutuo sarebbe più costoso; in misura minore si ridimensionano anche i consumi. Comprando, consumando e investendo meno, i prezzi si abbassano, si riduce l’output gap della produzione e l’inflazione diminuisce.

COME MAI L’INFLAZIONE È AUMENTATA COSÌ TANTO?
L’inizio dell’aumento incontrollato dell’inflazione è avvenuto a partire dall’agosto 2021. Le numerose e rapide riaperture post pandemiche, il rincaro dei beni energetici e il cosiddetto effetto base sono le cause principali.
La riduzione delle restrizioni ha comportato una notevole ripresa economica. La crescita considerevole della domanda rispetto all’offerta effettiva ha consentito alle imprese di poter aumentare i prezzi senza che il consumo si riducesse. Tale situazione, però, è stata solo momentanea. Il consumo, infatti, si è ridotto soprattutto perché i costi energetici sono cresciuti, in modo particolare per i combustibili fossili, che costituiscono la principale fonte energetica attuale.
A quanto appena esposto si aggiunge l’effetto base, ossia l’effetto distorsivo provocato dal confronto tra i prezzi post pandemia con quelli registrati durante il lockdown decisamente più bassi. Inoltre, lo scoppio della guerra in Ucraina ha contribuito sicuramente ad aggravare una situazione già di per sé complicata.


DI QUANTO INTENDE AUMENTARE IL TASSO DI POLICY LA BCE?
Stando a quanto traspare, la BCE aumenterà i tassi di interesse o di 50 punti base o di 75 punti base. Il direttore della Banca Centrale austriaca Robert Holzmann sta sollecitando i vertici dell’Eurotower affinché si proceda verso il rialzo più consistente, in quanto, così facendo, si rassicurerebbero i mercati sulla volontà di riportare davvero l’inflazione al 2% entro il 2024. Al tempo stesso, però, c’è chi sostiene che mosse troppo forti da parte della Banca Centrale possano condurre ad una situazione di stagnazione o addirittura di recessione. La medesima Christine Lagarde ha affermato che l’aumento del PIL registrato non è sufficientemente rassicurante, pertanto lo scenario in cui lo sviluppo economico e la produzione siano al di sotto dei loro livelli potenziali è molto probabile. La Presidente del Fondo Monetario Internazionale Georgiova, infatti, stima che metà dei Paesi dell’UE sarà in recessione nel 2023.


INCERTEZZA DELLA PRESIDENTE LAGARDE
In uno dei suoi ultimi interventi al Parlamento europeo, la Presidente della BCE Christine Lagarde ha affermato che l’inflazione potrebbe raggiungere nuovi picchi. L’incertezza riguardo l’aumento dei tassi di interesse deriva anche da questa situazione: se gli economisti della Banca Centrale si aspettano valori inflazionistici maggiori del 10,6% attuale, si procederà con la mossa più restrittiva.
I timori di una possibile situazione di stagflazione non sono, pertanto, da escludere a priori. Se l’aumento dei tassi di interesse per cui si opterà non dovesse essere sufficiente e se l’inflazione dovesse crescere ulteriormente, l’Eurozona si troverebbe in una situazione in cui non ci sarebbe crescita economica e, contemporaneamente, i prezzi aumenterebbero.


Scritto da Elia Zorzi

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