Ronald Reagan è stato un politico e attore statunitense, nonché 40° presidente degli Stati Uniti d’America, in carica per due mandati consecutivi, dal 1981 al 1989. Di fazione repubblicana, viene ricordato specialmente per la sua politica economica, denominata Reaganomics.
I principi della Reaganomics
La politica di Reagan si basò sulla nuova teoria economica neoliberista, della quale il premio Nobel Milton Friedman fu portavoce. Nello specifico, l’ex presidente degli Stati Uniti favorì una politica di libero mercato e di rafforzamento dell’offerta (supply-side economy), opponendosi quindi alle teorie economiche keynesiane post-Grande Depressione, secondo le quali il compito del governo è quello di stimolare la domanda. Il movente risiede in una delle tesi su cui si fonda il neoliberismo stesso, ossia che tagli fiscali portano a crescita economica.
Infatti, secondo la Curva di Laffer, un’eccessiva pressione fiscale riduce il gettito fiscale totale, abbassando l’incentivo a produrre. Tuttavia, il modello funziona unicamente in caso di aliquote fiscali iniziali superiori alle aliquote ideali per un dato sistema economico.
I pilastri della Reaganomics furono quattro:
- Riduzione della crescita della spesa pubblica;
- Alleggerimento della pressione fiscale;
- Riduzione della regolamentazione dei mercati;
- Rafforzamento dell’offerta monetaria al fine di ridurre l’inflazione.
Tax cuts e crescita economica
Reagan, con l’Economic Recovery Tax Act del 1981, ridusse l’aliquota marginale fiscale massima dal 70% al 50% e quella minima dal 14% all’11%. Ulteriormente, portò la tassazione dei redditi da guadagno in conto capitale dal 28 al 20%. Con il Tax Reform Act del 1986, invece, l’aliquota massima venne diminuita al 28% e quella minima aumentata al 15%. Tuttavia, l’aliquota per il capital gain venne riportata al 28% e molte deduzioni e detrazioni furono abolite. Inoltre, durante il suo mandato, l’ex presidente ridusse la pressione fiscale per le aziende dal 48% al 34%.
Il Pil reale aumentò di circa il 27% durante gli 8 anni di presidenza dell’ex attore statunitense, più precisamente passò dal valere quasi $7 mila miliardi a oltre $9 mila miliardi. Invece, il Pil reale pro-capite crebbe in media del 2.6%, in contrasto con una crescita media annua dell’1.9% rispetto agli 8 anni precedenti all’insediamento di Reagan nella Casa Bianca. In più, l’S&P500 aumentò di circa il 113.3%.
Spesa pubblica e Debito
La spesa pubblica crebbe annualmente anche durante la presidenza di Reagan, tuttavia aumentò in misura percentuale inferiore rispetto agli anni passati. Difatti, l’incremento si aggirava intorno al 9% annuo in media, con un picco del 13.93% nell’anno fiscale 1981 e un minimo del 3.04% nel 1987, molto meno rispetto alla crescita media annua superiore al 15% che caratterizzò il mandato di Carter. Nel 1988, la spesa pubblica ammontava a oltre $1.12 mila miliardi.
Tuttavia, in questo programma di abbattimento della spesa dello Stato vi fu un taglio delle politiche interne di $39 miliardi, in favore di un aumento della spesa militare, che passò dall’essere il 22.7% della spesa pubblica totale nell’anno fiscale 1981 ad essere il 27.3% della spesa nel 1988.
L’aumento annuale del deficit portò a una crescita importante del debito pubblico, il quale superò i $2.5 mila miliardi nel 1988. Esso valeva “solamente” circa $894 miliardi prima che l’ex presidente iniziasse la sua carica. Il sostenimento del debito costrinse gli Stati Uniti a cercare finanziamenti nel mercato dei titoli. Passarono perciò dall’essere il Paese più creditore all’essere quello più debitore.
Discoccupazione e inflazione
La crescita economica attenuò il tasso di disoccupazione, il quale con Reagan raggiunse in media il 7.5%. Il picco venne raggiunto nel 1982, 9.7%, da attribuire alla recessione dei primi anni ’80. Il minimo, invece, fu 5.5%, raggiunto nel 1988. D’altra parte, la percentuale di popolazione sotto la soglia di povertà aumentò dal 13% nel 1980 al 15.2% nel 1983, per poi tornare al 13% alla fine della carica presidenziale. Inoltre, Reagan, seguendo la linea politica di Paul Volcker, attuò misure monetarie restrittive, manovrando i fund rates e causando una diminuzione del tasso d’inflazione, che rimase inferiore al 5% per la durata del suo incarico.
Conclusione: i risultati della Reaganomics
In conclusione, si può affermare come Reagan sia riuscito nel suo intento di diminuire l’inflazione e in quello di terminare la recessione del 1981-’82 grazie ai tagli fiscali, creando un livello di prosperità economica mai visto negli Stati Uniti. D’altra parte, alcuni economisti tra cui Paul Krugman sostengono il fatto che l’espansione economica e il calo del tasso di disoccupazione siano stati solamente conseguenze di un ciclo economico appena iniziato, in ogni caso appropriatamente gestito dall’ex presidente. Tuttavia, costui non riuscì a diminuire efficacemente la spesa pubblica, causando un innalzamento del debito degli USA.
Una politica economica simile alla Reaganomics non sarebbe efficace al giorno d’oggi, in quanto le aliquote fiscali sono già relativamente basse, per cui un taglio non sarebbe conveniente.