L’invasione russa in Ucraina: la posizione della Cina

Nell’ultimo mese, la guerra tra Russia e Ucraina ha sicuramente catturato l’attenzione mondiale e conquistato molte testate giornalistiche. A questo proposito, affrontiamo oggi un aspetto piuttosto intricato, ovvero la posizione della Cina in questo conflitto. Dall’inizio delle tensioni tra Russia e Ucraina fino ad oggi, la Cina ha tentato di rimanere sempre il più possibile neutrale: da un lato sostiene e riconosce l’indipendenza e la sovranità dell’Ucraina (anche in virtù dei 30 anni di relazioni bilaterali tra i due Paesi) e dall’altra non sembra voler abbandonare la Russia. Le ragioni di questa posizione piuttosto ambigua della Cina sono molteplici.

Cina e Ucraina

Innanzitutto l’Ucraina è un importante partner commerciale per la Cina: nel 2020 sono stati registrati oltre 15 miliardi di dollari di flussi commerciali bilaterali e la Cina è anche il principale acquirente di grano, macchinari e tecnologia militare dell’Ucraina. Inoltre l’Ucraina è la porta di accesso verso l’Europa per la Cina, nonché partner fondamentale della Belt and Road Initiative, progetto cinese per la creazione di infrastrutture volte a velocizzare e semplificare il commercio verso l’Europa. A questo si aggiunge il fatto che il principale interesse del Partito Comunista Cinese è sicuramente quello di mantenere la stabilità interna e evitare il più possibile situazioni di caos, pensiero applicato anche a livello internazionale dove una guerra crea un “caos supremo” e quindi grande motivo di preoccupazione.

Cina e Russia

D’altro canto però Pechino non può assumere una posizione netta contro la Russia per via dei rapporti personali di amicizia tra il presidente cinese Xi Jinping e il presidente russo Putin. Questa vicinanza tra Cina e Russia è stata anche sugellata dalla visita di Putin a Pechino in occasione dell’apertura dei giochi olimpici invernali. Per questo motivo il presidente Xi non può disconoscere o condannare Putin, infatti questo vorrebbe dire aver commesso un errore e comporterebbe possibili scontri all’interno del Paese, cosa che non si può rischiare in vista del XX Congresso del Partito che si terrà il prossimo ottobre e durante il quale il presidente cinese otterrà il suo terzo mandato.

Ad ogni modo, la Cina non sta però agevolando la Russia a superare le sanzioni occidentali e il rischio di un tracollo economico. Anche se in un primo momento, quando la Russia ha chiesto sostegno militare e finanziario, la Cina sembrava volerla aiutare, ad esempio anche offrendole il sistema cinese CIPS (Cross-Border Interbank Payment System) gestito dalla People’s Bank of China, in seguito all’esclusione della Russia dal sistema Swift, ad oggi possiamo dire che non è andata così. Infatti sembrerebbe che la Cina non abbia troppa intenzione di salvare la Russia, perché concentrata a minimizzare i costi per la propria economia, a limitare un possibile malcontento interno al Paese, a evitare le sanzioni. Per cui probabilmente nelle relazioni economiche con la Russia non ci saranno decisioni straordinarie (come potrebbe essere un aumento di ordini di alcuni prodotti per compensare le perdite che la Russia sta subendo) ma anzi sembra che alcuni imprenditori cinesi non abbiano nemmeno intenzione di portare avanti le loro attività economiche in Russia perché temono che i propri affari possano peggiorare per via delle sanzioni.

Oltre a questo la Cina ha fatto capire che non rifornirà di pezzi di ricambio le aero flotte russe dal momento che Boeing e Airbus non ne sono più in grado, e ancora un forte segnale è arrivato dalle istituzioni cinesi come la Banca Popolare Cinese che ha deciso di non voler convertire le riserve in renminbi di Mosca e come la Asian Infrastructure Investements Bank, banca a guida cinese che si occupa della nuova via della seta, che avrebbe chiuso ogni tipo di rapporto a livello di prestiti e transazioni commerciali e economiche con la Russia e la Bielorussia a causa della guerra. D’altronde questo conflitto tocca anche gli interessi della Cina perché un rallentamento della crescita economica (fissata al 5,5% per quest’anno, uno dei valori più bassi negli ultimi anni) inficerebbe innanzitutto sull’obiettivo del Partito di avere una prosperità comune per il popolo e inoltre avrebbe ripercussioni da un punto di vista politico in quanto la crescita economica è un vero e proprio collante sociale in Cina, ovvero ciò che legittima il partito comunista a governare, perciò il suo venir meno creerebbe problemi interni non indifferenti.

Infine si deve anche tener conto del fatto che l’interscambio commerciale tra la Cina e la Russia è decisamente minore rispetto a quello che la Cina ha con l’Unione europea e gli Stati Uniti. Secondo i dati diffusi dalle dogane cinesi, il valore totale delle transazioni commerciali tra Cina e Russia ammonta a circa 147 miliardi di dollari, che rappresentano il 2,4% del valore commerciale globale totale della Cina e corrispondono a meno del 10% di quelle tra Cina e Stati Uniti e Europa.

La posizione della Cina nei confronti del conflitto

In questo quadro generale, la Cina continua a incoraggiare i negoziati tra Russia e Ucraina per una soluzione pacifica della guerra, cercando intanto di trovare un equilibrio tra il rispetto dell’integrità territoriale di tutti gli Stati, attenendosi ai principi della Carta delle Nazioni Unite e il fare attenzione alle richieste di sicurezza della Russia, tra il rassicurare Putin del suo sostegno e il salvare la propria immagine internazionale e la propria economia, sentendo la pressione di Stati Uniti e Unione europea che l’hanno avvertita che pagherebbe anch’essa le conseguenze negative delle sanzioni, qualora decidesse di sostenere la Russia.

In conclusione, in questi ultimi giorni vediamo una Cina che non ha ancora dato una risposta chiara a questa situazione: da una parte assicura che le sue istituzioni finanziarie generalmente aderiscono alle sanzioni internazionali, dall’altra sembra in qualche modo voler comunque sostenere l’economia russa, anche se non in maniera immediata e rilevante.

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