I mercati finanziari, storicamente, mostrano insofferenza per l’incertezza del domani. Il 2020, con l’arrivo del virus Covid-19 ce l’ha insegnato bene: le montagne russe dei listini azionari degli ultimi mesi lo mostrano concretamente. Un andamento scostante ha caratterizzato anche l’indice Vix, (CBOE Volatility Index) che segue la volatilità (variazione percentuale del prezzo di uno strumento finanziario in un determinato intervallo di tempo), primo sintomo di scarsa sicurezza dei mercati. Questo particolare indice infatti risulta infatti più sensibile del normale a ridosso delle elezioni presidenziali Usa, come dimostrato anche nelle ultime settimane, specialmente dopo la positività al Covid annunciata su Twitter del presidente Trump.
Di seguito vediamo come potrebbero divergere le future dinamiche finanziarie sotto la nuova guida del candidato democratico, Joe Biden, rispetto a quelle possibili qualora dovesse rimanere in carica l’attuale presidente alla Casa Bianca. E’ comunque importante ricordare che una specifica politica che incontra il favore dei mercati finanziari, potrebbe non essere la più giusta dal punto di vista sociale e esasperare la disuguaglianza che abbiamo visto accrescersi negli ultimi anni. Per questo, è utile piuttosto trovare una sintesi tra le diverse prospettive che sostenga l’economia, ma che punti anche alla corretta distribuzione della ricchezza e ad aumentare il benessere per più individui possibili.
Lo scenario se vincesse Mr. Biden
Molti operatori di Borsa sono preoccupati dalla probabile (stando ai sondaggi) vittoria del 77enne candidato democratico. Una più forte presa di posizione sulla legislazione Antitrust e una maggiore pressione fiscale sulle promesse da Joe Biden in campagna elettorale, potrebbero limitare la libertà di manovra delle grandi aziende quotate e rallentarne di conseguenza l’andamento dei titoli.
Ci si aspetta inoltre, dalla agenda democratica, una particolare attenzione verso le politiche ambientali e un aumento della regolamentazione, specie del settore petrolifero (il cui azionario potrebbe risentirne).
Per contro invece, imprese più innovative e operanti all’interno dei parametri ESG (Environmental, Social, Governance) e quindi tendenzialmente rispettose di canoni ambientali e sociali, potrebbero trovarsi rafforzate da un cambio d’aria politico alla Casa Bianca.
Lo scenario se vincesse Trump
Diversi investitori, invece, potrebbero valutare positivamente un secondo mandato dell’attuale presidente repubblicano sostanzialmente per due motivi: un atteggiamento meno intransigente sulla regolazione finanziaria dei mercati e il ridotto peso delle tasse societarie che, tagliato precedentemente dal 35% al 21% nel 2017 dallo stesso Mr. Trump, sarebbe probabilmente mantenuto anche nei prossimi quattro anni in caso di rielezione.
Entrambi questi elementi, favorendo gli investimenti e rafforzando i bilanci che sarebbero così meno gravati dalle tasse societarie, sono visti di buon occhio dai mercati.
Inoltre, guardando allo storico, dal 2016 ad oggi, sotto il mandato dell’attuale presidente, i mercati hanno avuto una buona performance con un aumento di più del 45% sull’indice di riferimento S&P 500 (che racchiude al suo interno le 500 maggiori aziende statunitensi per capitalizzazione). Ma è stato veramente solo merito della guida politica degli ultimi anni alla Casa Bianca?
Quest’ultimo interrogativo lascia spazio ad un’ulteriore riflessione.
Quanto incidono veramente le elezioni?
Sebbene le elezioni presidenziali siano di importanza evidente, il peso sul mercato delle stesse potrebbe essere meno decisivo di quanto si è spinti a credere.
Per quanto Trump provi ad attribuirsi meriti del buon andamento di Wall Street, mai come in questo periodo paiono esserci troppi fattori indipendenti dalla volontà dell’amministrazione di Washington a incidere sulle piazze finanziarie.
I tassi d’interesse portati a ridosso dello zero dalla FED (come risposta al crack finanziario del 2008) ad esempio, hanno spinto gli investitori a puntare sull’azionario dato il più difficile rendimento dei titoli obbligazionari, meno appetibili in epoca di tassi bassi.
O ancora, la stessa Borsa americana è infatti trainata dalle primissime aziende per capitalizzazione (le solite note: Amazon, Facebook, Apple, Alphabet) la cui crescita esponenziale degli ultimi anni pare non seguire né l’andamento dell’economia reale, né le dinamiche del resto dei mercati azionari, grazie ad altissimi tassi di innovazione e una posizione di controllo sempre più preponderante nei settori di riferimento.
Gravissimo sarebbe dimenticare il fattore che più ha condizionato (Covid a parte) i mercati nell’ultimo periodo: la rivalità commerciale con la Cina.
Biden, infatti, potrebbe portare sul tavolo una dialettica meno aggressiva e più ragionevole nel confronto con il colosso asiatico, in opposizione ad un atteggiamento invece spesso aggressivo del suo sfidante, il quale ha esacerbato la rivalità tra le prime due economie del mondo negli ultimi anni.
Una discussione più improntata al dialogo e meno ostinata potrebbe ridurre l’incertezza sui mercati che stanno scontando il rischio politico della situazione e che, dovesse sfuggire di mano, danneggerebbe senza dubbio l’attività economica statunitense (soprattutto il settore Tech, fortemente integrato nella sua catena del valore con la produzione cinese). Ma nonostante si possano condurre le trattative con metodi differenti, la rivalità commerciale con la Cina, soprattutto in ambito tecnologico, è destinata a caratterizzare il futuro prossimo e non solo.
E infine non possiamo dimenticarci come qualsiasi dinamica di mercato resti ancora, purtroppo, fortemente influenzata dalla pandemia di Covid e dalla tempistica di arrivo del vaccino.
Dunque, nel lungo periodo, paiono essere troppe le variabili da prendere in considerazione per capire veramente quali saranno le prospettive di crescita dell’economia e dei mercati finanziari nel loro complesso, che a loro volta sembrano prescindere (anche e persino) da chi siede nella stanza dei bottoni a Washington.