
Nel 2003, la SARS costrinse la Cina alla quarantena e fu così che il business di Alibaba dovette trasformarsi per sopravvivere. Nel 2020, il Covid-19 costringe il mondo alla quarantena, richiedendo a governi ed aziende risposte intelligenti e soluzioni innovative per affrontare la crisi.
È il momento di innovare.
In Italia e nel mondo, aziende, centri di ricerca, Istituzioni, comunità locali e virtuali stanno cercando di disegnare un nuovo futuro post-pandemia, un futuro che non dovrebbe avere l’aspetto di quello previsto fino a poco tempo fa. Abbiamo visto nascere nuove tecnologie, abbiamo visto governi rispondere con misure di portata straordinaria, finanziamenti senza precedenti e comunità scientifiche più interconnesse che mai. Ci sono molti esempi virtuosi di ciò che questa crisi ha prodotto.
Il CEO di Twitter fa notizia annunciando di permettere ai propri dipendenti di poter lavorare da casa per sempre. Facebook, a ruota, ha dichiarato che la metà dei suoi dipendenti lavorerà da remoto entro dieci anni. Più che di innovazione, in questo caso si tratta di una presa di coscienza di una modalità di lavoro che garantisce il raggiungimento degli stessi risultati ma in modo virus-friendly. Nel pre-crisi lo smart working era considerato uno spreco di risorse, ai tempi del Covid è l’unica via percorribile. Di fronte ad un’unica alternativa, molte aziende, per non fermare le loro attività, hanno dovuto e dovranno investire in apparecchi elettronici e sistemi informatici che renderanno possibile il lavoro da casa. Questa nuova modalità di lavoro ha creato, di conseguenza, delle nuove necessità: una connessione sempre più veloce, potente e garantita e lo scambio di informazioni private in sicurezza. Così, ci sono realtà come Bloola che nascono per supportare le aziende nel processo di digitalizzazione. Ecco che il cambiamento (anche se forzato) crea un circolo positivo che porta innovazione e nuove opportunità.

Nell’ambito della ricerca, menti da tutto il mondo si sono messe al lavoro insieme per dare il proprio contributo e le piattaforme di crowdsourcing sono state essenziali per la comunicazione e la condivisione di risultati tra Università, aziende ed Istituzioni. Jean-Eric Paquet, direttore generale della DG Ricerca e innovazione presso la Commissione europea, si esprime così: “Non ho mai visto una mobilitazione della comunità scientifica come nelle ultime otto settimane. Penso che il livello, la qualità, le interazioni, i risultati resi disponibili, siano senza precedenti.”
In ambito aziendale, molte realtà hanno convertito la loro produzione per realizzare mascherine, gel sanificanti e ventilatori polmonari, ad esempio:
- Ford, GE, 3M si sono unite in una partnership per convertire la loro produzione in materiale medico protettivo, mascherine e ventilatori polmonari;
- aziende produttrici di liquori (Disaronno e Ramazzotti ad esempio) e birrerie hanno convertito le loro strutture per produrre gel sanificante per mani;
- aziende del settore fashion come Zara o Gap hanno iniziato a produrre mascherine per personale sanitario e non.
La mobilità urbana post-covid è un altro settore sul quale molti Stati stanno investendo. Parigi, ad esempio, ha designato un piano da 300 milioni di euro che prevede la costruzione di 650 km di piste ciclabili, una nuova rete di itinerari chiamata metro-bici. Anche Milano si è attivata in questo senso, presentando il cosiddetto piano “Strade aperte”, che prevede la costruzione di nuove aree ciclabili e pedonali per una città più pulita e sicura.

Molti governi hanno stanziato risorse per incentivare la creazione di nuovi strumenti e soluzioni per affrontare la crisi. Gli hackathon si sono rivelati una modalità vincente per la raccolta di idee, un vero e proprio campo libero per nuove proposte da parte di incubatori di start up. L’Estonia è stato il primo paese ad organizzare “Hack the Crisis”, un hackathon online che in appena 6 ore ha raccolto oltre 90 idee. Sulla scia dell’esempio Estone, è stato organizzato un hackathon mondiale e poco dopo l’Ue ne ha promosso un altro rivolto a tutta la comunità. In Italia, ad esempio, è nata Imask, un’invenzione siciliana, una maschera riutilizzabile, riciclabile e conveniente, mentre Isinnova in Lombardia ha trasformato un maschera da sub in un respiratore sanitario. Uscendo dai confini nazionali ci sono ragazzi, come Marta Michans and Vanesa Ortega, che si sono inventati degli strumenti gratuiti per dare sostegno psicologico alle persone durante la quarantena. In Cile una piccola start-up ha creato un prototipo di mascherina, gratuito, scaricabile e stampabile da chiunque nel mondo con materiali classici o eco-friendly. Ne ho citate solo alcune, la lista è molto lunga.
L’innovazione è venuta anche dai governi stessi. L’approccio convenzionale non basta più, si cercano soluzioni alternative e nuovi orizzonti da esplorare. Ne è esempio la proposta del Primo Ministro neozelandese, su suggerimento di impresari e lavoratori, di implementare un nuovo schema che prevede soli 4 giorni a settimana di lavoro e i restanti di svago per stimolare il turismo domestico e quindi la ripresa economica. I risvolti futuri non si conoscono, ma la proposta dimostra un approccio diverso, coraggioso e consapevole che il futuro va affrontato di petto. La Danimarca si muove investendo sull’educazione e sulle energie rinnovabili, attraverso un progetto che prevede la costruzione di isole artificiali per la produzione di energia. Si focalizza quindi su due aspetti chiave del futuro di un paese: i piccoli, futuri leader, e l’ambiente.
Due importanti conclusioni:
1) il virus sta sbloccando l’innovazione dai precedenti vincoli, grazie ad una maggiore propensione all’investimento nell’innovazione con lo scopo di rendere società, aziende e governi più resilienti;
2) disponiamo di un potenziale immenso che è dato dalla nostra creatività e capacità di adattamento a situazioni e contesti sconosciuti.
Entrambi gli aspetti, se ben veicolati e sfruttati, ci fanno ben sperare sul futuro nostro e delle prossime generazioni. Ora più che mai il futuro è nelle nostre mani.
Monica Girardi