Quando dodici anni fa, il 3 gennaio 2009, Satoshi Nakamoto (pseudonimo) lanciò quello che oggi viene chiamato ‘genesis block’, alla base delle prime 50 monete di bitcoin scrisse: ”Il cancelliere è sull’orlo di un secondo salvataggio per le banche”. Il testo si rifaceva, parola per parola, ad un titolo del Times dello stesso anno, nel quale il celebre quotidiano riferiva degli sforzi del governo inglese per salvare il sistema bancario dal collasso, profondamente segnato dalla crisi finanziaria cominciata l’anno precedente. La frase riportata voleva ironizzare sulla debolezza del sistema economico tradizionale, emersa evidentemente (secondo il misterioso inventore) da Lehman Brothers in poi. Qualcosa di più dell’ironia, forse una vera e propria dichiarazione di guerra; lanciata contestualmente al tentativo di offrire una valuta digitale alternativa a quelle che conosciamo, che potesse essere gestita e controllata grazie alla criptografia, invece di fare affidamento sulle banche centrali.
Da allora bitcoin ha sicuramente avuto un’eco importante, raccogliendo per la prima volta una certa attenzione nel 2013, anno in cui superò i 1000 dollari, valore che già allora veniva considerato da vertigini. Il processo di crescita è poi continuato negli anni fino al 2017, quando in una frenetica bolla inflattiva, la valuta digitale arrivò ad essere scambiata per quasi ventimila dollari. Precipitò poi improvvisamente nei mesi a venire. E così, tra movimenti oscillatori da montagne russe (dovuti principalmente a speculazioni e manipolazioni di mercato), arriviamo ad oggi: negli ultimi tre mesi bitcoin ha visto il proprio valore più che triplicarsi, superando i 40000 dollari (nel frattempo però ha perso il 10%). (In questo preciso istante viene scambiato poco sopra i 36000). Sulla scia di quest’ultima fiammata, i più accesi sostenitori di bitcoin esultano, annunciando che la rivoluzione è ormai alle porte. E’ davvero così?
Il ruolo di bitcoin nei mercati
Mettendo per un attimo da parte l’ambizione di diventare valuta corrente e di soppiantare l’autorità delle banche centrali, si può riflettere sul ruolo ‘speculativo’ che il criptoasset può (eventualmente) assumere nei mercati.
Qui arriviamo alla seconda promessa di bitcoin, essere oro digitale: pregiato, raro e sicuro. Storicamente l’oro è visto come un porto franco, nel quale gli investitori mettono i loro soldi per bilanciare i portafogli e proteggersi da eventuali turbolenze sull’azionario. Dunque, stando a questa teoria, il prezzo dovrebbe crescere o per paura di una rampante inflazione o per timore di un collasso del sistema (vedi pandemie e assalti a Washington). La teoria traballa e anzi pare essere esattamente il contrario, bitcoin si è mossa a braccetto con gli asset rischiosi tradizionali, le azioni: forte crescita sul finire dell’anno dovuta all’ottimismo vaccini e alla ben accolta elezione di Biden. Mentre ‘i porti sicuri'(oro e bond americani) hanno casomai perso qualcosa. Inoltre molti non capiscono come possa diventare uno strumento difensivo una valuta che subisce una volatilità così prominente. Nel frattempo JP Morgan ha calcolato che il prezzo di bitcoin, anche solo per pareggiare la popolarità di cui gode l’oro tra gli investitori, dovrebbe salire a circa 146mila dollari.
Tra le motivazioni dell’ultima impennata bisogna piuttosto indagare altri elementi. Prima di tutto un maggiore supporto degli investitori tradizionali: diversi hedge funds pare abbiano ampliato la loro esposizione sulla criptovaluta. Mentre sempre sull’onda di una speculazione più mainstream, al Chicago Mercantile Exchange, è aumentata vistosamente la compravendita di strumenti derivati aventi come sottostante proprio il bitcoin. Inoltre Paypal l’ha ufficialmente accolta nella cerchia delle valute accettate nel suo sistema di pagamenti.
E quindi…
In conclusione pare non esserci ancora nessuna logica di mercato che possa giustificare l’andamento di bitcoin, se non la volontà della gente di puntarci sopra (il che non rappresenta mai un gran valore di per sé). La politica monetaria delle diverse banche centrali in giro per il mondo non è mai stata così accomodante. Ciò significa tassi d’interesse bassi e investitori che cercano rendimenti altrove.
Le previsioni per il 2021 parlano di rischio inflazione e di dollaro che (coerentemente con l’ultimo anno) potrebbe indebolirsi ulteriormente. Non ci sarebbe nulla di strano, stando così le cose, se bitocoin continuasse la sua ascesa (pur sempre a singhiozzo) anche nei prossimi mesi. Elemento d’ironia: sostanzialmente la criptovaluta sta dunque giovando di politiche implementate dallo stesso establishment finanziario che si era promessa di sfidare (compresi i vari fondi o banche che ci scommettono sopra). Inoltre una valuta, tradizionalmente, assolve a tre funzioni: unità di conto (sostanzialmente prezzare omogeneamente beni e servizi), riserva di valore (possibilmente stabile nel tempo) e mezzo di pagamento. Per quanto riguarda le prime due, bitcoin evidentemente non è in grado di svolgerle a causa della fluttuazioni che conosciamo. I pagamenti si possono fare è vero, anche se l’accettazione di questi è di natura esclusivamente volontaria, non essendo ufficialmente riconosciuto da alcuna autorità. Al di là di tutto, la promessa originaria di rivoluzionare il sistema appare piuttosto lontana dal realizzarsi. Anche Tesla ha fatto +787% in borsa nel 2020, ma non per forza guideremo solo Model X tra 10 anni.