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L’invasione russa in Ucraina: la posizione della Cina

Aprile 11, 2022 by Silvia Svampa Lascia un commento

Nell’ultimo mese, la guerra tra Russia e Ucraina ha sicuramente catturato l’attenzione mondiale e conquistato molte testate giornalistiche. A questo proposito, affrontiamo oggi un aspetto piuttosto intricato, ovvero la posizione della Cina in questo conflitto. Dall’inizio delle tensioni tra Russia e Ucraina fino ad oggi, la Cina ha tentato di rimanere sempre il più possibile neutrale: da un lato sostiene e riconosce l’indipendenza e la sovranità dell’Ucraina (anche in virtù dei 30 anni di relazioni bilaterali tra i due Paesi) e dall’altra non sembra voler abbandonare la Russia. Le ragioni di questa posizione piuttosto ambigua della Cina sono molteplici.

Cina e Ucraina

Innanzitutto l’Ucraina è un importante partner commerciale per la Cina: nel 2020 sono stati registrati oltre 15 miliardi di dollari di flussi commerciali bilaterali e la Cina è anche il principale acquirente di grano, macchinari e tecnologia militare dell’Ucraina. Inoltre l’Ucraina è la porta di accesso verso l’Europa per la Cina, nonché partner fondamentale della Belt and Road Initiative, progetto cinese per la creazione di infrastrutture volte a velocizzare e semplificare il commercio verso l’Europa. A questo si aggiunge il fatto che il principale interesse del Partito Comunista Cinese è sicuramente quello di mantenere la stabilità interna e evitare il più possibile situazioni di caos, pensiero applicato anche a livello internazionale dove una guerra crea un “caos supremo” e quindi grande motivo di preoccupazione.

Cina e Russia

D’altro canto però Pechino non può assumere una posizione netta contro la Russia per via dei rapporti personali di amicizia tra il presidente cinese Xi Jinping e il presidente russo Putin. Questa vicinanza tra Cina e Russia è stata anche sugellata dalla visita di Putin a Pechino in occasione dell’apertura dei giochi olimpici invernali. Per questo motivo il presidente Xi non può disconoscere o condannare Putin, infatti questo vorrebbe dire aver commesso un errore e comporterebbe possibili scontri all’interno del Paese, cosa che non si può rischiare in vista del XX Congresso del Partito che si terrà il prossimo ottobre e durante il quale il presidente cinese otterrà il suo terzo mandato.

Ad ogni modo, la Cina non sta però agevolando la Russia a superare le sanzioni occidentali e il rischio di un tracollo economico. Anche se in un primo momento, quando la Russia ha chiesto sostegno militare e finanziario, la Cina sembrava volerla aiutare, ad esempio anche offrendole il sistema cinese CIPS (Cross-Border Interbank Payment System) gestito dalla People’s Bank of China, in seguito all’esclusione della Russia dal sistema Swift, ad oggi possiamo dire che non è andata così. Infatti sembrerebbe che la Cina non abbia troppa intenzione di salvare la Russia, perché concentrata a minimizzare i costi per la propria economia, a limitare un possibile malcontento interno al Paese, a evitare le sanzioni. Per cui probabilmente nelle relazioni economiche con la Russia non ci saranno decisioni straordinarie (come potrebbe essere un aumento di ordini di alcuni prodotti per compensare le perdite che la Russia sta subendo) ma anzi sembra che alcuni imprenditori cinesi non abbiano nemmeno intenzione di portare avanti le loro attività economiche in Russia perché temono che i propri affari possano peggiorare per via delle sanzioni.

Oltre a questo la Cina ha fatto capire che non rifornirà di pezzi di ricambio le aero flotte russe dal momento che Boeing e Airbus non ne sono più in grado, e ancora un forte segnale è arrivato dalle istituzioni cinesi come la Banca Popolare Cinese che ha deciso di non voler convertire le riserve in renminbi di Mosca e come la Asian Infrastructure Investements Bank, banca a guida cinese che si occupa della nuova via della seta, che avrebbe chiuso ogni tipo di rapporto a livello di prestiti e transazioni commerciali e economiche con la Russia e la Bielorussia a causa della guerra. D’altronde questo conflitto tocca anche gli interessi della Cina perché un rallentamento della crescita economica (fissata al 5,5% per quest’anno, uno dei valori più bassi negli ultimi anni) inficerebbe innanzitutto sull’obiettivo del Partito di avere una prosperità comune per il popolo e inoltre avrebbe ripercussioni da un punto di vista politico in quanto la crescita economica è un vero e proprio collante sociale in Cina, ovvero ciò che legittima il partito comunista a governare, perciò il suo venir meno creerebbe problemi interni non indifferenti.

Infine si deve anche tener conto del fatto che l’interscambio commerciale tra la Cina e la Russia è decisamente minore rispetto a quello che la Cina ha con l’Unione europea e gli Stati Uniti. Secondo i dati diffusi dalle dogane cinesi, il valore totale delle transazioni commerciali tra Cina e Russia ammonta a circa 147 miliardi di dollari, che rappresentano il 2,4% del valore commerciale globale totale della Cina e corrispondono a meno del 10% di quelle tra Cina e Stati Uniti e Europa.

La posizione della Cina nei confronti del conflitto

In questo quadro generale, la Cina continua a incoraggiare i negoziati tra Russia e Ucraina per una soluzione pacifica della guerra, cercando intanto di trovare un equilibrio tra il rispetto dell’integrità territoriale di tutti gli Stati, attenendosi ai principi della Carta delle Nazioni Unite e il fare attenzione alle richieste di sicurezza della Russia, tra il rassicurare Putin del suo sostegno e il salvare la propria immagine internazionale e la propria economia, sentendo la pressione di Stati Uniti e Unione europea che l’hanno avvertita che pagherebbe anch’essa le conseguenze negative delle sanzioni, qualora decidesse di sostenere la Russia.

In conclusione, in questi ultimi giorni vediamo una Cina che non ha ancora dato una risposta chiara a questa situazione: da una parte assicura che le sue istituzioni finanziarie generalmente aderiscono alle sanzioni internazionali, dall’altra sembra in qualche modo voler comunque sostenere l’economia russa, anche se non in maniera immediata e rilevante.

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GUERRA RUSSIA-UCRAINA: UE E USA IMBRACCIANO “LE ARMI”

Febbraio 28, 2022 by Annamaria Malvestio Lascia un commento

Nel 1991 l’Ucraina è stata riconosciuta indipendente dalla Russia. Nonostante ciò, la Russia non ha mai accettato la perdita del territorio ucraino. È per questo che nel 2014 scoppia la crisi russo-ucraina, in seguito all’annessione della Crimea (territorio ucraino) alla Federazione. L’Ucraina è lacerata. Alla crisi della Crimea seguono gli scontri nei distretti Donetsk e Lugansk, nella regione del Donbass, che portano a dichiarare queste circoscrizioni repubbliche popolari indipendenti. Inizia, così, un conflitto tra le milizie separatiste filorusse e le forze armate del governo di Kiev. 

C’è da chiedersi perché le tensioni geopolitiche tra Russia e Ucraina siano esplose, portando alla recente invasione russa nel territorio ucraino.

Fattore scatenante è certamente la possibile adesione dell’Ucraina alla NATO. Opponendosi all’ingresso di Kiev nell’alleanza militare atlantica, il Cremlino accusa l’occidente di voler circondare militarmente la Russia. Dunque, sentendosi minacciato, il 22 febbraio Putin riconosce l’indipendenza dei territori del Donbass, inviando le sue truppe oltre confine. Nel discorso alla nazione del presidente russo emerge un rigoroso spirito nazionalista: “l’Ucraina è parte integrante della nostra storia e cultura”.

Gli Stati Uniti d’America rispondono alla provocazione del Presidente russo con delle misure sanzionatorie, principalmente riguardanti il settore economico. Sebbene il governo americano continuerà a rifornire l’Ucraina di armi difensive, ha ribadito più volte di essere contrario al ricorso alle armi, ma d’accordo all’applicazione di sanzioni economiche. Gli Stati Membri dell’Unione Europea seguono le orme degli americani, senza evidentemente considerare i rischi in cui incorrono. Infatti, i Ventisette dipendono largamente dalla Russia per volume di importazione di merci e di materie prime. Perciò, limitare import ed export da e per l’Unione Sovietica aumenterebbe esponenzialmente i prezzi dell’energia, come già si sta verificando. La ripresa economica post-Covid in tutta Europa potrebbe essere minata.

LE SANZIONI ECONOMICHE

Agendo contro le istituzioni finanziarie russe, alle banche d’America è vietato gestire le transazioni dell’istituto di sviluppo VEB e della banca militare russa, poiché finanziatrici delle operazioni militari nel Donbass. Anche l’UE colpisce le banche che finanziano le operazioni militari in Ucraina.

Inoltre, Joe Biden propone l’esclusione della Russia dai finanziamenti occidentali, impedendo a Mosca di scambiare nuovi titoli del debito russo sui mercati finanziari europei e statunitensi.

La lista degli “Specially Designated Nationals” (SDN) accoglierà i nomi di individui e società russe a favore dell’invasione, a eccezione del presidente Putin. Si tratta di miliardari esponenti della Duma e coinvolti nelle decisioni russe in Ucraina. Questo strumento permette di espellere i soggetti russi coinvolti nel sistema bancario americano. Di conseguenza al congelamento di conti e beni che si trovano sotto la giurisdizione statunitense, agli individui sanzionati è impedito il commercio. 

Altresì, il governo americano ha premuto per fermare l’entrata in funzione del gasdotto Nord Stream 2. Perciò, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha proceduto ad una temporanea interruzione delle pratiche di certificazione dell’impianto. Le sorti del Nord Stream 2 determinano gli equilibri tra Occidente e Russia. Se da una parte l’Europa dipende dalle forniture di Gazprom, colosso dell’energia controllato dal Cremlino, dall’altra l’economia russa, fondata sugli idrocarburi, non può permettersi di perdere il suo principale acquirente di gas. 

Di fronte all’evidente necessità per nazioni come l’Italia di mantenere buoni rapporti con il Cremlino per garantirsi la sussistenza economica, un nuovo pacchetto di misure sanzionatorie risulta rovinoso. Nonostante ciò, la Commissione Europea si sarebbe proposta a sostenere i più vulnerabili… Sarà davvero così?

QUALE SAREBBE L’OBIETTIVO DI QUESTE SANZIONI?

Peter Harrell, massimo esperto di governo economico statunitense, descrive le sanzioni economiche come fattore fondamentale per innescare l’inflazione, nell’auspicio che, di fronte all’aumento dei prezzi, la banca centrale russa si preoccupi di pensare all’interesse delle banche locali.

Così si spiegherebbe il perché della decisione di Boris Johnson di colpire le banche russe Rossiya, IS Bank, General Bank, Promsvyazbank e Black Sea Bank.

Se l’instabilità delle banche ucraine non spaventa gli occidentali, quella delle banche russe infonde preoccupazione. Di fatto, le grandi banche italiane, francesi e austriache UniCredit, Intesa Sanpaolo, Societe Generale e Raiffeisen Bank contribuiscono ad un totale attivo di circa 50 miliardi. Le banche svizzere contano più di 20 miliardi di passività da clienti russi.

Tuttavia, anche se queste sanzioni economiche possono sembrare salvifiche per l’Europa e l’America, non è detto che lo siano alla stessa stregua per entrambi i paesi. L’emergere di una profonda crisi economica in Russia comprometterebbe la qualità e la redditività delle attività bancarie russe. Così, anche la redditività delle banche europee si indebolirebbe.

È, dunque, opportuna la scelta di imbracciare una serie di sanzioni economiche per fronteggiare l’avanzare della guerra?

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