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Finanza

L’intelligenza artificiale: una risorsa o una minaccia? Can The Matrix beReal?

Dicembre 21, 2022 by Umberto De Ambrosi Lascia un commento

ATTNZIONE:⚠️

Questo articolo e le sue grafiche sono state redatte con l’ausilio di tool di Intelligenza Artificiale. All’intero dell’articolo sono presenti, volutamente errori di battitura per identificare il passaggio umano.

Categorie di intelligenza artificiale 🤖

Esistono diverse categorie di intelligenza artificiale, a seconda del modo in cui vengono classificate. Un modo comune per classificare l’intelligenza artificiale è in base al livello di autonomia e al grado di interazione con l’ambiente esterno.

In base a questa classificazione, esistono tre tipi principali di intelligenza artificiale:

 

  1. Intelligenza artificiale debole o limitata: si tratta di sistemi di intelligenza artificiale che sono progettati per svolgere compiti specifici e sono generalmente meno autonomi rispetto agli altri tipi di intelligenza artificiale. Ad esempio, un robot che è programmato per assemblare componenti in una fabbrica potrebbe essere considerato un esempio di intelligenza artificiale debole.

  2. Intelligenza artificiale generalizzata: si tratta di sistemi di intelligenza artificiale che sono in grado di svolgere una varietà di compiti diversi e di adattarsi a situazioni nuove e imprevedibili. Questi sistemi sono più autonomi rispetto agli altri tipi di intelligenza artificiale e possono essere utilizzati in molti contesti diversi. Ad esempio, un assistente virtuale come Siri o Alexa potrebbe essere considerato un esempio di intelligenza artificiale generalizzata.

  3. Intelligenza artificiale superintelligente: si tratta di sistemi di intelligenza artificiale che hanno un livello di autonomia e di capacità di adattamento superiore a quello degli altri tipi di intelligenza artificiale. L’intelligenza artificiale superintelligente è ancora oggetto di speculazione e di dibattito tra gli esperti, ma in teoria potrebbe essere in grado di superare l’intelligenza umana in una o più aree. Tuttavia, non esiste ancora un sistema di intelligenza artificiale che possa essere considerato veramente superintelligente.

Inoltre, l’intelligenza artificiale può essere classificata in altri modi, ad esempio in base al modo in cui viene utilizzata (ad esempio, intelligenza artificiale di supporto, intelligenza artificiale collaborativa, intelligenza artificiale autonoma) o in base al modo in cui viene implementata (ad esempio, intelligenza artificiale basata su regole, intelligenza artificiale basata sui dati, intelligenza artificiale basata sull’apprendimento).

 

 

Chat GPT 💬

Chat GPT è la novità del momnto! GPT, ovvero Generative Pre-trained Transformer, è un modello di linguaggio sviluppato da OpenAI che utilizza la tecnologia delle trasformazioni per generare testi di alta qualità. È stato progettato per essere addestrato su grandi quantità di dati e in grado di eseguire diverse attività di elaborazione del linguaggio, come la traduzione, la scrittura di testi e la risposta a domande.

Per accedere a questo super-tol di intelligenza artificiale il link è il seguente:

LINK 

Il problem solving sarà ancora una skill da inserire nel CV? 😌

L’intelligenza artificiale (AI) può essere utilizzata per risolvere una vasta gamma di problemi e svolgere una varietà di attività. Alcune delle cose che si possono ottenere con l’AI includono:

  1. Automazione di processi ripetitivi e noiosi: l’AI può essere utilizzata per automatizzare compiti ripetitivi e noiosi, liberando il tempo degli esseri umani per concentrarsi su compiti più importanti e stimolanti.

  2. Analisi dei dati: l’AI può essere utilizzata per analizzare grandi quantità di dati in modo rapido e preciso, estraendo informazioni significative e facendo scoprire pattern e tendenze che potrebbero essere difficili da individuare manualmente.

  3. Previsione e decisione supportate dai dati: l’AI può essere utilizzata per fare previsioni su eventi futuri e supportare le decisioni basate sui dati, ad esempio nel settore finanziario o nella pianificazione delle risorse.

  4. Assistenza alla customer experience: l’AI può essere utilizzata per fornire assistenza ai clienti, ad esempio attraverso chatbot che possono rispondere alle domande dei clienti e fornire informazioni sui prodotti o servizi.

  5. Sviluppo di nuove tecnologie: l’AI può essere utilizzata per sviluppare nuove tecnologie e soluzioni innovative in diverse aree, come la medicina, l’energia, i trasporti, l’agricoltura e molti altri settori.

Mondo del lavoro 💼

L’intelligenza artificiale sta avendo un impatto crescente nel mondo del lavoro. Da un lato, l’AI può automatizzare molti processi lavorativi e rendere le attività più efficienti. Dall’altro, c’è il rischio che l’AI possa sostituire alcuni lavori umani, creando preoccupazione per la perdita di posti di lavoro. Tuttavia, l’AI può anche creare nuove opportunità di lavoro, ad esempio nello sviluppo e nella manutenzione di sistemi di AI. Inoltre, l’AI può aiutare a liberare i lavoratori dalle attività ripetitive e a concentrarsi su compiti più creativi e impegnativi. È importante che le società e i governi lavorino insieme per affrontare le sfide e sfruttare le opportunità dell’AI nel mondo del lavoro in modo equo e responsabile.

“Vedo il momento in cui saremo per i robot cosa sono i cani per gli umani e io faccio il tifo per le macchine.”

Claude Shannon, il padre della teoria dell’informazione

Vantaggi dell’intelligenza artificiale per le aziende 🗃️

L’intelligenza artificiale (AI) può offrire una serie di vantaggi per le aziende, alcuni dei quali sono i seguenti:

  1. Maggiore efficienza: l’AI può aiutare le aziende a ottimizzare i processi e ad automatizzare compiti ripetitivi, liberando il tempo degli esseri umani per concentrarsi su compiti più importanti e stimolanti.

  2. Analisi dei dati: l’AI può aiutare le aziende a analizzare grandi quantità di dati in modo rapido e preciso, estraendo informazioni significative e facendo scoprire pattern e tendenze che potrebbero essere difficili da individuare manualmente.

  3. Migliore decisione supportata dai dai: l’AI può aiutare le aziende a fare previsioni su eventi futuri e supportare le decisioni basate sui dati, ad esempio nel settore finanziario o nella pianificazione delle risorse.

Come integrare l’intelligenza artificiale nella propria azienda 👨‍💼

Per integrare l’intelligenza artificiale (AI) nella propria azienda, è necessario seguire alcuni passaggi:

  1. Identificare le opportunità di utilizzo dell’AI: la prima cosa da fare è identificare le opportunità di utilizzo dell’AI all’interno dell’azienda. È importante considerare i compiti che possono essere automatizzati o ottimizzati attraverso l’AI, nonché le aree in cui l’AI può offrire un vantaggio competitivo.

  2. Stabilire una strategia di AI: una volta individuate le opportunità di utilizzo dell’AI, è importante stabilire una strategia per l’utilizzo dell’AI all’interno dell’azienda. Questa strategia dovrebbe includere gli obiettivi dell’azienda per l’AI, i modelli di business che verranno utilizzati e come l’AI sarà integrata nei processi aziendali esistenti.

  3. Avere u team di AI: per implementare l’AI nella propria azienda, sarà necessario formare un team di AI composto da esperti di intelligenza artificiale e da membri del team aziendale che possano utilizzare l’AI per ottenere il massimo vantaggio per l’azienda.

  4. Implementare l’AI e monitorare i risultati: una volta selezionate le tecnologie e gli strumenti di AI e formato il team di AI, sarà necessario implementare l’AI nella propria azienda e monitorare i risultati per valutare l’efficacia dell’AI e apportare eventuali modifiche.

Considerazioni etiche sull’IA in azienda 📛

L’intelligenza artificiale (AI) sta diventando sempre più diffusa nell’ambito aziendale e può offrire numerosi vantaggi, come l’automazione di processi ripetitivi, l’analisi dei dati e l’ottimizzazione dei processi di produzione. Tuttavia, l’utilizzo dell’AI in azienda solleva anche alcune preoccupazioni etiche. Ad esempio, è importante che l’AI sia trasparente nella sua operatività e che le decisioni basate sull’AI siano comprensibili. Inoltre, chi utilizza l’AI in azienda è responsabile degli impatti delle sue decisioni sui dipendenti, i clienti e la società in generale. Altre considerazioni etiche da tenere presente sono la privacy, la sostenibilità, l’equità e l’umanizzazione dell’AI. È importante che le aziende prendano in considerazione queste questioni etiche e adottino misure per garantire che l’AI venga utilizzata in modo responsabile e rispettoso dei diritti umani.

L’intelligenza artificiale nel mondo dell’arte 🖼️ (nell’articolo puoi trovare qualche esempio di arte digitale)

L’intelligenza artificiale (IA) sta diventando sempre più presente nella nostra vita quotidiana e sta anche influenzando il mondo dell’arte in molti modi. Uno dei modi in cui l’IA viene utilizzata nell’arte è la creazione di opere d’arte autonome. Ad esempio, alcuni artisti utilizzano l’IA per addestrarla con migliaia di opere d’arte esistenti, in modo da poter creare nuove opere che incorporino elementi dello stile e della tecnica di artisti famosi. L’IA può anche essere utilizzata per analizzare grandi quantità di dati sull’arte, come il numero di vendite di opere d’arte di un determinato artista o le caratteristiche stilistiche di una determinata corrente artistica. Questo può essere molto utile per gli artisti, i critici e gli studiosi, che possono utilizzare queste informazioni per comprendere meglio le tendenze artistiche e fare previsioni sui futuri sviluppi dell’arte.

Inoltre, l’IA può essere utilizzata per aiutare a conservare e restaurare le opere d’arte, ad esempio analizzando immagini di opere danneggiate per determinare come ripararle o utilizzando algoritmi di riconoscimento delle immagini per identificare opere d’arte rubate o perdute. L’IA può anche essere utilizzata per promuovere l’arte online, ad esempio consigliando opere d’arte in base alle preferenze dell’utente o creando pubblicità personalizzate per gli spettacoli d’arte. Infine, l’IA può essere utilizzata per creare esperienze di arte interattive, ad esempio utilizzando algoritmi di riconoscimento delle immagini o del movimento per far reagire le opere d’arte in modo dinamico alle azioni dell’utente.

Tuttavia, l’utilizzo dell’IA nell’arte solleva anche alcune questioni etiche e sfide che dovranno essere affrontate. Ad esempio, c’è il rischio che l’IA possa sostituire gli artisti umani o che possa essere utilizzata per creare opere d’arte che non sono eticamente accettabili.

Nel seguente articolo troverai modi per sfruttare l’intelligenza artificiale per creare arte anche tu:

LINK

 


Conclsioni

In conclusione, l’intelligenza artificiale (AI) sta diventando sempre più diffusa in diverse aree aziendali e sta dimostrando di essere in grado di offrire numerosi vantaggi, come l’automazione di processi ripetitivi, l’analisi dei dati e l’ottimizzazione dei processi di produzione. Tuttavia, l’utilizzo dell’AI in azienda solleva anche alcune preoccupazioni etiche, che vanno affrontate in modo responsabile e rispettoso dei diritti umani.

Secondo uno studio del World Economic Forum, entro il 2025 circa il 50% delle attività lavorative saranno automatizzate o ottimizzate attraverso l’AI, aprendo anche nuove opportunità di lavoro nel settore dell’AI. Inoltre, secondo un’indagine di McKinsey, le aziende che hanno già adottato l’AI hanno registrato un aumento del 20% della produttività e un aumento del 40% dei margini di profitto.

Inoltre, secondo un’indagine di PwC, il 70% delle aziende prevede di investire in AI entro il 2022, con un aumento dell’investimento medio del 38% rispetto al 2021. Questo dimostra come l’AI stia diventando sempre più importante per le aziende di tutto il mondo.

 

In definitiva, l’AI può offrire numerosi vantaggi per le aziende, ma è importante che venga utilizzata in modo responsabile e rispettoso dei diritti umani, tenendo presenti le considerazioni etiche che essa solleva

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La teoria del cigno nero e la distribuzione di Taleb

Marzo 1, 2021 by Leonardo Fancello Lascia un commento

La teoria del cigno nero è stata elaborata dal matematico ed ex-trader Nassim Nicolas Taleb ed è una metafora volta a spiegare l’esistenza di un’effettiva possibilità che un evento impensabile e completamente inaspettato possa accadere e avere ramificazioni negative nella società. Tali accadimenti sono impossibili da prevedere specialmente a causa della loro rarità.

Per essere considerato un cigno nero, un evento deve:

  1. Essere una sorpresa per l’osservatore;
  2. Avere impatti importanti quando al momento dell’occorrenza;
  3. Poter essere spiegato col senno di poi, come se avesse potuto essere predetto.

Alcuni eventi storici classificabili come cigni neri sono: il Black Monday del 1987, la bolla Dot-Com degli anni 2000, gli attacchi terroristici dell’11 Settembre e il collasso dell’Unione Sovietica.

Tale teoria è divenuta importante anche per coloro i quali operano nell’ambito dell’economia e della finanza, specialmente nel campo degli investimenti e della gestione del rischio.

La distribuzione di Taleb è un profilo di distribuzione dei payoff che comporta un’alta probabilità di ottenere bassi guadagni ma una bassa probabilità di subire perdite molto elevate o catastrofiche come conseguenza di eventi inaspettati – i cigni neri – capaci di compensare i modesti ritorni positivi. Di conseguenza, il valore atteso dei profitti derivanti dagli investimenti nei mercati finanziari si avvicina allo zero o può anche assumere valori negativi. Tuttavia, tale aspettativa non è facile da computare, in quanto gli investitori sono attratti e tratti in inganno dal basso rischio e da guadagni costanti nel tempo.

La forma della distribuzione di Taleb

In particolare, l’utilizzo frequente di strategie di gestione di portafoglio legate a modelli statistici che si avvalgono della distribuzione normale non consente la corretta previsione e considerazione di questi eventi inattesi che portano inevitabilmente i profitti a un valore nullo o negativo. Difatti, gli strumenti di previsione che si servono della gaussiana lavorano con ampie popolazioni e campioni statistici passati, i quali per definizioni non sono utili alla previsione di cigni neri.

Taleb propone un esempio per spiegare il concetto dell’omonima distribuzione.

Si consideri la possibilità di investire $500. I conseguenti stati di natura possibili sono due: il guadagno di $1 con il 99.9% di probabilità oppure la perdita di tutto il capitale con probabilità del 0.1%.

Questi $500 vengono investiti 1000 volte durante l’anno, per cui il valore atteso consiste nella differenza tra un guadagno di $999 e una perdita di $500. Tuttavia, se la probabilità di perdere i soldi fosse dell’0.2%, l’investitore otterrebbe un valore atteso approssimativo di 0. Se la probabilità crescesse al 0.3%, l’agente finanziario subirebbe una perdita.

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Covid 19: primo test per l’Unione bancaria

Dicembre 7, 2020 by Davide Campana Lascia un commento

Andrea Enria, presidente comitato di vigilanza presso la BCE

La crisi precedente e quella attuale hanno messo chiaramente in risalto come il mondo globalizzato in cui viviamo sia soggetto all’effetto farfalla; se una banca d’oltre oceano fallisce la corsa al contante, le conseguenze affliggeranno anche il vecchio continente. Se nell’estremo oriente si diffonde un virus sconosciuto, anche la popolazione occidentale ne conoscerà l’effetto. Questo per puntualizzare che qualunque sia l’origine della crisi, biologica o finanziaria, tutti i settori affini e non ne verranno afflitti. Conscio di tali interconnessioni, e reduce dello scoppio della bolla finanziaria e della crisi del debito sovrano, il sistema bancario europeo costituì l’unione bancaria al fine di rafforzare la resilienza del settore. Il fatto che lo scopo sia stato raggiunto lo si può evincere dalle parole del presidente dell’organo di vigilanza europeo Andrea Enria, il quale, interrogato sull’efficacia del sistema contro la pandemia, ha risposto: “l’unione bancaria sta funzionando bene, questo è il primo test di una crisi per l’unione bancaria e penso che nel nuovo modello di lavoro siamo stati in grado di fornire una risposta molto veloce”.

Prima di capire come l’unione abbia aiutato le banche durante la crisi economica scatenata dalla pandemia, è bene comprendere il metodo di vigilanza. Sostanzialmente, esso si basa su due pilastri principali: il meccanismo di vigilanza unico (MVU) e il meccanismo di risoluzione unico (MRU). Prima della crisi, la supervisione bancaria era assegnata alle autorità nazionali, le quali applicavano standard diversi nella valutazione dei diversi istituti di credito. Tuttavia, l’introduzione del MVU ha permesso l’applicazione di standard comuni per la valutazione delle banche e una divisione nel compito di vigilanza tra organi nazionali e organi sovranazionali. Difatti, allo stesso MVU spetta il compito di sorveglianza delle banche di maggior importanza (circa 113 banche dei paesi partecipanti, che detengono quasi l’82% degli attivi bancari totali), mentre le autorità nazionali restano competenti per la supervisione degli altri istituti. Inoltre, la nuova struttura di supervisione bancaria affida al nuovo meccanismo il compito di controllare il rispetto delle norme bancarie, di valutare la possibilità di operare e il tempismo con cui affrontano i problemi, al fine di valutare la loro capacità di rispondere a gli shock e la loro saluta.

Per quanto riguarda il MRU, esso collabora con le autorità nazionali e l’autorità bancaria europea (EBA) per garantire una risoluzione delle banche in dissesto, con costi minimi per i contribuenti e per l’economia reale, tramite la costituzione di piani preventivi e risolutivi, da applicare in caso di necessità comprovata dalle informazioni in possesso dei diversi enti. Ciononostante, i due meccanismi non sarebbero sufficienti al raggiungimento dello scopo per cui sono stati costituiti senza la base normativa che gli sorregge, frutto dei principi nati dai comitati di Basilea. Nello specifico, tale regolamentazione ha sancito la necessità per le banche di mantenere dei cuscinetti a garanzia del capitale e della liquidità in base alla loro dimensione e situazione finanziaria interna ed esterna.

In merito alla situazione odierna, le misure di contenimento della diffusione del virus hanno causato il rallentamento e il deteriorarsi di tutte le economie europee. Le banche non sono esenti dalle restrizioni, al contrario sono sorvegliate speciali sia per il loro ruolo nel tessuto socio-economico, sia per valutare l’efficacia della risposta alla nuova crisi. In una prima fase, le banche hanno dovuto sostenere un repentino e sostanziale aumento della domanda di credito che, a causa delle restrizioni, hanno dovuto gestire obbligatoriamente da remoto invece di affidarsi al classico rapporto di filiale. La seconda fase riguarda la concessione di finanziamenti che tende a restringersi in un periodo di incertezza, in quanto le possibili perdite, dovute dall’insolvenza del cliente, rendono le banche più avverse alla concessione di denaro. L’unione bancaria è stata fondamentale nell’evitare il verificarsi di tale scenario grazie al rilassamento delle procedure di vigilanza, ad una politica monetaria di supporto dell’economia e del settore bancario e ad una struttura di accantonamenti di capitale – buffer – obbligatori. Inoltre, per gli istituti finanziari è stato possibile usare le riserve create sul patrimonio, ovvero gli strumenti aggiuntivi di classe 1 (AT1 – Additional Tier 1), quali le obbligazioni perpetue, che assicurano alle banche emittenti la stabilità patrimoniale necessaria per far fronte ad eventuali scenari di stress finanziario. In aggiunta, gli accantonamenti di classe 2 (T2 – Tier 2) sono riserve di rivalutazione o altri strumenti di capitale di qualità inferiore rispetto al T1. Oltre a tali accantonamenti sul capitale azionario, gli istituti di credito hanno potuto far affidamento sulle riserve controcicliche (CCyB – Countercyclical capital buffer), vale a dire cuscinetti che la normativa impone di creare durante periodi di espansione al fine di superare i periodi di recessione.

In passato, una risposta ad una crisi economica così rapida e coesa non sarebbe stata possibile, ciò a causa della condivisione dei poteri decisionali dei diversi stati membri in merito alla supervisione del sistema bancario. Difatti, la frammentazione del potere decisionale avrebbe condotto a decisioni meno ricche di informazioni complessive e indirizzate a favorire le migliori banche nazionali. Restano comunque dubbi legati alle possibili ripercussioni che la crisi avrà nei prossimi tre anni sulla già bassa redditività delle banche europee e di come il nuovo sistema creato con l’unione bancaria fin qui testato, su di una crisi economica legata a problemi sanitari, sarà in grado di garantire le stesse performance positive in uno scenario legato ad una crisi interna del settore.

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Niente quotazione per Ant Group Co.: la Cina ferma all’ultimo la più grande IPO della storia

Novembre 29, 2020 by Tommaso Trabona Lascia un commento

Ant Group Co., nata nel 2004 sotto il nome di Alipay come costola finanziaria affiliata alla già celebre piattaforma di e-commerce Alibaba, è oggi tra le più grandi e innovative aziende Fintech al mondo. Fu pensata inizialmente da Jack Ma (co-fondatore della stessa Alibaba- tra i primi 20 uomini più ricchi al mondo, con un patrimonio stimato intorno ai 60 miliardi di dollari-) come mero strumento di gestione e assicurazione delle transazioni in denaro all’interno dell’enorme mercato digitale asiatico.
Possiamo definire come ”Fintech” l’ecosistema composito di start-ups e banche tradizionali, che con l’efficienza e la connettività delle più avanzate tecnologie e grazie all’intelligenza artificiale, riescono a rendere le transazioni finanziarie (anche di piccola entità) più facili ed accessibili, soddisfando così una domanda in costante crescita. E Ant Group rientra a pieno in questa definizione.

Jack Ma- Fondatore di Alipay

A più di quindici anni di distanza dalla sua creazione, Ant Group Co. ha contabilizzato, nei 12 mesi precedenti a giugno di quest’anno, guadagni per oltre 18 miliardi di dollari e profitti per 2.7 miliardi grazie a più di 700 milioni di utenti su base mensile (numeri da capogiro se si pensa che la stessa Paypal, volendo offrire un confronto, conta poco meno della metà di account attivi). Questo numero enorme di clienti utilizza quotidianamente i servizi messi a disposizione dal gruppo, i quali sono facilmente fruibili unicamente in quella che possiamo definire come ”all-in-one-platform”. La consistente offerta della società permette quindi di effettuare pagamenti digitali, usufruire di crediti al consumo o sottoscrivere polizze assicurative, oltre alla possibilità di investire i propri risparmi anche a breve termine.

Business Units di Ant- Fonte Bloomberg

Nonostante l’impressionante volume d’affari, l’azienda è complessivamente poco conosciuta in occidente, provenendo il 95% dei suoi profitti direttamente dalla Cina. Ma il nome di Ant Group ha catturato l’attenzione di diversi analisti negli ultimi mesi, dopo che il magnate Jack Ma (che detiene indirettamente un solido controllo azionario, sebbene fuori dal board direttivo) e gli executives della società avevano deciso di quotare i titoli della stessa sulle due principali piazze finanziarie asiatiche, quella di Shanghai e di Hong Kong.
L’IPO(Initial Public Offering) è appunto il processo attraverso il quale un’impresa decide di accedere ad un mercato regolamentato(in questo caso due) e rendere pubblica la compravendita delle sue azioni; per Ant si sarebbe dovuto concretizzare ad inizio novembre e avrebbe così coronato l’esponenziale percorso di crescita intrapreso dalla società negli ultimi anni.
Se il governo centrale di Pechino non ne avesse inaspettatamente bloccato la formalizzazione a poche ore dal suo completamento, l’IPO del gruppo sarebbe stata la più grossa della storia, la quale era previsto raccogliesse la cifra record tra i 35 e i 37 miliardi di dollari (battendo il precedente primato della petrolifera Saudi Aramco-29 mld$-), portando la capitalizzazione del gruppo al livello stellare di oltre 300 miliardi di dollari.

Top 10 IPO della storia- Fonte Bloomberg

I numeri dell’operazione avrebbero potenziato le principali borse asiatiche e mostrato ancora una volta che la potenza tecnologica cinese non ha bisogno di dipendere da Wall Street. Un chiaro segnale di indipendenza caratterizzato da connotati geopolitici.
Da qui la domanda fondamentale: perchè mai il partito e il presidente Xi Jinping (pare abbia preso parte in prima persona alla decisione) avrebbero dovuto bloccare la quotazione all’ultimo?
Nonostante Ant sia nata come app di pagamenti digitali e preferisca definirsi più come piattaforma tecnologica, di fatto le sue funzioni assomigliano più a quelle di una banca: riceve depositi, li mette insieme e li trasforma in crediti (per poi guadagnare da questi).
Il problema sta nel fatto che questa incertezza identitaria del gruppo potrebbe portare ad una instabilità complessiva, poichè sebbene l’attività sia simile a quella bancaria, la società non aderisce alle stringenti condizioni alle quali sono soggette le banche di tutto il mondo. Il livello di capitale operativo di Ant, ad esempio, si trova ben al di sotto dei benchmark tradizionali. Il suo capital ratio, compreso tra il 2 e il 3%, è lontanissimo dagli standard dei pari occidentali (12-15%) e dalla stessa media cinese (8%). In più, l’algoritmo di ”credit-scoring” attraverso il quale vengono allocati i prestiti, pare avere un funzionamento poco chiaro oltre a non essere mai stato testato da una parte terza. Se si conta che Ant eroga un decimo dei prestiti complessivi (diversi da mutui) in Cina, appaiono più chiare le preoccupazioni legate al rischio sistemico correlato all’operato del gruppo, specie se non adeguatamente monitorato. Può bastare per bloccare un’IPO (non una qualsiasi) a 48 ore dal suo completamento? Forse sì, ma c’è dell’altro.
Un passo indietro. Circa dieci giorni prima dell’inaspettato annuncio, Jack Ma aveva, ad un summit tenutosi a Shanghai, rilasciato diverse dichiarazioni pubbliche il cui tono è stato considerato immediatamente inaccettabile dai membri del partito e dall’establishment finanziario cinese.

Ant Group Headquarter

”Il sistema bancario tradizionale ha una mentalità da banco dei pegni”. Questo, tra gli altri, il passaggio più contestato e in cui l’imprenditore ha voluto sottolineare lo scarso funzionamento delle banche cinesi nell’erogare credito, esaltando, per contrasto, l’accessibilità del suo gioiellino Fintech.
Complessivamente possiamo pensare che le dimensioni dell’operazione abbiano spaventato Pechino, la quale negli ultimi anni ha più volte ribadito come l’integrità e il corretto funzionamento dei mercati finanziari, rappresentino un obiettivo primario per lo sviluppo economico del paese. Se a questo uniamo l’atteggiamento apertamente sfidante di Ma che mal si concilia con la volontà di controllo del partito, otteniamo forse il puzzle completo. Di fatto, sebbene un’azienda di queste dimensioni possa sembrare inscalfibile, il presidente Xi Jinping ha mostrato la ferma volontà di non permettere a nessuno di aggirare le regole di Pechino, qualora venga messo a repentaglio il sistema.

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Ami F: la tua amica che lavora in banca!

Novembre 23, 2020 by Irene Vendrame 1 commento

Ami F. è bancaria da oltre vent’anni ed ha deciso di mettere a disposizione le conoscenze acquisite durante la sua florida carriera con chi di banca sembra non capirne poi molto: un anno fa è nato @pecuniami , una pagina Instagram dedicata alla divulgazione e all’educazione finanziaria aperta a tutti, ma destinata in modo particolare alle donne, che, a causa di retaggi socioculturali, sono le persone che più faticano a familiarizzare con la gestione del denaro.

Ma andiamo con ordine, perché la storia di Ami è tutt’altro che scontata.

Ami F. bancaria con vent’anni di esperienza, fondatrice di @Pecuniami

Un inizio in salita

“Sono nata e cresciuta a Salò sul lago di Garda, in Provincia di Brescia. Ho frequentato il liceo classico: a me non piaceva la matematica quindi ho provato a fare qualsiasi cosa che non avesse a che fare con i numeri. All’università ho fatto giurisprudenza con il vecchio ordinamento, quello che permetteva di laurearsi in 4 anni. Ho scelto l’indirizzo internazionale, perché il mio obbiettivo era lavorare in una ONG, o in Unione Europea o in generale in diplomazia. Mio padre è morto quando ero piccola, lavorava solo mia madre ed io sono la prima di tre fratelli, quindi fondamentalmente dovevo lavorare per portare avanti l’università” racconta, spiegando che fin da subito si ritrova a svolgere lavoretti di ogni tipo, a studiare la sera ed il weekend, a dover rinunciare all’Erasmus e alla tipica vita sociale universitaria (e agli spritz, aggiungeremmo noi cafoscarini). “Però avevo trovato un escamotage per viaggiare: nei periodi in cui non avevamo esami, me ne andavo per tre o quattro mesi all’estero a fare la ragazza alla pari ed imparare le lingue”.

Sono stati anni di sacrifici, che non ha vissuto nel migliore dei modi, ma che, a posteriori, riconosce essere stati una parte cruciale della sua formazione, che l’hanno aiutata ad essere ciò che è diventata. “Sinceramente posso dire, guardando anche le carriere che hanno avuto molti dei miei coetanei, che è andata bene così. Acquisire esperienze lavorative durante l’università – e non esiste lavoro serio e lavoro meno serio, tipo McDonald’s – permette di avere a che fare con un mondo che all’università non si impara”.

È chiaro infatti come le esperienze che Ami accumula sul campo durante gli anni di studio le permettano, una volta laureata, di avere già quattro anni di gavetta (rispetto ai suoi colleghi che invece partivano da zero) e dunque di avere accesso a posizioni “più senior” rispetto a quelle offerte ai neolaureati freschi di proclamazione.

Plot twist

Ma come è approdata in ambiente bancario a partire da una formazione umanistica? Potremmo dire che Ami, armata di intraprendenza e forza d’animo, ha fatto di necessità virtù. “Ho iniziato ad avvicinarmi alla banca facendoci “la stagione” durante l’estate nei miei anni di studio” spiega. Erano i primi anni 2000, non c’era ancora l’euro e, sul Lago di Garda, ogni estate, si riversavano migliaia di turisti da tutto il mondo, portando con sé le loro valute pronte per essere cambiate. Le banche quindi si trovavano a dover gestire un’immensa mole di lavoro concentrata nei mesi della bella stagione e dunque ad assumere dipendenti in più a tempo determinato. “Un amico che studiava Economia e Commercio mi ha detto che aveva già lavorato in questo modo e io, dato che volevo provare [qualcosa di nuovo] e in più davano anche un sacco di soldi, ho provato a fare dei colloqui.”

Il lavoro non le piace, lo trova noioso, ma dato che pagano bene, decide di rimanere quando le rinnovano per più volte il contratto. Non solo, rimane anche una volta finiti gli studi: “le professioni all’estero richiedevano un investimento non da poco, perché se volevi lavorare in una ONG, voleva dire entrarci e rimanerci da non pagata per un sacco di tempo, se volevi lavorare nelle istituzioni europee dovevi preparare i concorsi, il che significava fermarsi per diversi mesi, cosa che io non potevo permettermi. Mi sono detta “va bene, se in banca per un po’ ci devo restare facciamo però che sia a modo mio”. Il mio modo di vivere lavoro in banca da quel momento è cambiato ed ho iniziato ad impegnarmi per riuscire a fare carriera e in generale a crescere, dato che cerco sempre di uscire dalla mia zona di comfort”.

Questo atteggiamento proattivo ha permesso ad Ami notevoli avanzamenti di carriera: oggi, dopo vent’anni, è diventata NPL Senior Manager, si occupa cioè di ideare progetti per grandissime aziende in difficoltà, che consentano loro di creare valore e ricchezza, al fine di ripagare i loro debiti senza incorrere nel fallimento.

Ami spiega che non si è mai sentita vittima di discriminazione, anche perché, avendo scelto di non avere figli e dare maggior spazio al suo percorso professionale, non ha dovuto affrontare il problema maternità-lavoro: in effetti questo avrebbe complicato parecchio le cose, dato che, in Italia, le politiche a sostegno della famiglia sono praticamente inesistenti. “Ho avuto più difficoltà nel mio nuovo posto di lavoro, dove ci sono pochissime donne e sono tutte subordinate. Mi è spiaciuto tanto perché anziché riuscire ad instaurare dei rapporti di solidarietà, mi sono trovata nella situazione in cui ci sono tante donne che remano contro altre donne per invidia. Io a quello non ero preparata e mi ha disturbato parecchio” racconta, invece, riguardo alle sue ultime esperienze. Trovarsi di fronte a “uomini che odiano le donne” è già più frequente, mentre incontrare ostilità da parte femminile – che suona quasi come un tradimento – non le era mai capitato prima. “Non è che colpendo la collega a livello superiore che avrai un vantaggio, perché tutti gli uomini che sono attorno vedranno solo delle gatte che si azzuffano. L’ho trovato veramente svilente a livello professionale.”

In ogni caso però, ogni esperienza, anche quella più negativa, può rivelarsi utile per la propria crescita. Come spiega nella newsletter di novembre (per iscriverti clicca qui), lo “sconfort” può tirar fuori i nostri superpoteri.

“Ti racconto questa storia perché fa veramente capire che quando entri in un posto nuovo devi in ogni caso “sbatterti tanto”. Ero in cassa nella località turistica dove lavoravo, e all’epoca si usavano i traveler’s cheque, assegni che richiedevano la doppia firma per il cambio valuta per i turisti. Arriva un signore (che si chiamava signor Rosling) con questo tipo di assegno, faccio le varie operazioni di cambio – serviva il documento, era una procedura d’incasso piuttosto impegnativa – e se ne va. A fine giornata riguardo gli assegni e vedo che nel suo non c’era la firma: si era dimenticato di controfirmare, quindi voleva dire che non potevo incassarlo. Allora io, che avevo la fotocopia del passaporto di questo signore, ho iniziato a chiamare tutti gli alberghi, per vedere se alloggiava da qualche parte, così avrei potuto andare da lui per fargli firmare l’assegno. Ho passato dalle cinque alle otto di sera a cercare questo Rosling che alla fine non ho trovato. Ma le cose che mi ha insegnato questo primo errore sul lavoro sono state

1. Se sbagli sopravvivi (vabbe’, ci avevo rimesso 200mila lire, ma ero comunque sopravvissuta)

2. Non mollare mai nel cercare di sistemare questo errore.

3. Sbattiti, sbattiti, sbattiti! Perché comunque, quando si inizia un lavoro queste sono esperienze che ti insegnano tantissimo su come lavorare.”

Consigli pratici

Oggi, le caratteristiche imprescindibili per lavorare in ambito bancario sono sicuramente una grande elasticità mentale e un forte senso pratico, cioè quelle skills che si acquisiscono fuori dalle aule universitarie. In più, non è necessaria una formazione in ambito strettamente economico-finanziario (lei stessa, del resto, ne è l’esempio lampante): “ormai in banca vengono ricercate figure professionali che vanno dall’ingegnere al giurista, anche chi ha fatto lettere può trovare il suo posto, perché non in tutti i casi è richiesta una formazione economica. La laurea in Economia e Commercio non solo non è più strettamente necessaria, ma addirittura neanche più sufficiente: quello che studi ti serve in maniera relativa e chi lavora in banca deve essere una persona molto elastica, aperta e pronta ad aggiornarsi in maniera smart.”

Il consiglio che Ami dà a tutti quelli che intendono intraprendere una carriera professionale in quest’ambito è “vivi fuori [dall’università] e impara ad avere a che fare con persone di ogni tipo e ogni livello, perché non puoi mai sapere chi incontrerai come compagno di scrivania o chi sarà il tuo capo.” Inoltre, è importantissimo creare per sé stessi un profilo definito, concentrarsi in modo specifico sulla posizione che si vuole ricoprire e specializzarsi in quella direzione, in modo tale che i recruiter si facciano una idea ben precisa di quale potrebbe essere il tuo ruolo.

@Pecuniami

Il progetto @pecuniami nasce un anno fa (tra qualche giorno infatti la pagina festeggerà il suo primo compleanno), ma la sua incubazione ha avuto origine tempo prima. Tutto nasce quando Ami decide di partecipare ad un evento di empowerment femminile a Milano, dove incontra e si confronta con moltissime donne imprenditrici. “La maggior parte delle persone che erano lì producevano cose bellissime che io non ero in grado di fare, ma avevano problemi con la gestione dei soldi, non riuscivano a farsi dare il denaro per comprarsi casa, far quadrare i conti o farsi dare un fido. Ho passato il pomeriggio a dare consigli”. È in quel momento che Ami inizia a pensare di creare un progetto suo, dove poter mettere a disposizione della collettività – ed in particolare delle donne – tutto il suo sapere e la sua grande esperienza.

Questa intuizione prende ancora più forza quando, dopo essersi trasferita in Trentino, comincia a conoscere una realtà diversa da quella bresciana, soprattutto per quanto riguarda “la questione femminile”: lì infatti molte più donne decidevano di lasciare il lavoro o ridurlo ad un lavoro part-time per curare la famiglia, mentre ad occuparsi delle questioni finanziarie erano soprattutto gli uomini. Viene alla luce un problema che, oltre al Trentino, colpisce la maggior parte delle zone d’Italia, ossia la mancanza di basi di educazione finanziaria, carenza che colpisce soprattutto il genere femminile.

Educazione finanziaria

Una ragazza educata non parla di soldi, sono quasi un tabù, ma di fatto, in Italia, il tabù sembra essere esteso anche ai ragazzi, dato che abbiamo dei livelli altissimi di analfabetismo finanziario (qui un articolo del Sole 24 Ore).

“È un fattore culturale, siamo un paese cattolico, dove diventare ricchi è visto male, diamo delle accezioni negative a termini neutri, come a “speculazione”. In più è anche vero che l’ignoranza consente di governare meglio, la mancanza di consapevolezza ha permesso per tanti anni di vendere a qualsiasi persona prodotti [finanziari] che non erano adatti a chiunque. Il rischio [della mancanza di consapevolezza] è la povertà, non solo nel presente, ma soprattutto nel futuro”.

Secondo Ami, l’ideale è che l’educazione finanziaria avvenisse a scuola, ma dal momento che non è così (e che a fatica si fa educazione civica) ci si deve informare da soli, a piccoli passi e senza paura. Sicuramente, una pagina come @pecuniami può fare la differenza, dunque ci auguriamo che cresca e aspettiamo impazienti i suoi nuovi progetti.

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Elezioni USA: da che parte stanno i mercati?

Ottobre 12, 2020 by Tommaso Trabona Lascia un commento

I mercati finanziari, storicamente, mostrano insofferenza per l’incertezza del domani. Il 2020, con l’arrivo del virus Covid-19 ce l’ha insegnato bene: le montagne russe dei listini azionari degli ultimi mesi lo mostrano concretamente. Un andamento scostante ha caratterizzato anche l’indice Vix, (CBOE Volatility Index) che segue la volatilità (variazione percentuale del prezzo di uno strumento finanziario in un determinato intervallo di tempo), primo sintomo di scarsa sicurezza dei mercati. Questo particolare indice infatti risulta infatti più sensibile del normale a ridosso delle elezioni presidenziali Usa, come dimostrato anche nelle ultime settimane, specialmente dopo la positività al Covid annunciata su Twitter del presidente Trump.

Di seguito vediamo come potrebbero divergere le future dinamiche finanziarie sotto la nuova guida del candidato democratico, Joe Biden, rispetto a quelle possibili qualora dovesse rimanere in carica l’attuale presidente alla Casa Bianca. E’ comunque importante ricordare che una specifica politica che incontra il favore dei mercati finanziari, potrebbe non essere la più giusta dal punto di vista sociale e esasperare la disuguaglianza che abbiamo visto accrescersi negli ultimi anni. Per questo, è utile piuttosto trovare una sintesi tra le diverse prospettive che sostenga l’economia, ma che punti anche alla corretta distribuzione della ricchezza e ad aumentare il benessere per più individui possibili.

Lo scenario se vincesse Mr. Biden

Molti operatori di Borsa sono preoccupati dalla probabile (stando ai sondaggi) vittoria del 77enne candidato democratico. Una più forte presa di posizione sulla legislazione Antitrust e una maggiore pressione fiscale sulle promesse da Joe Biden in campagna elettorale, potrebbero limitare la libertà di manovra delle grandi aziende quotate e rallentarne di conseguenza l’andamento dei titoli.

Ci si aspetta inoltre, dalla agenda democratica, una particolare attenzione verso le politiche ambientali e un aumento della regolamentazione, specie del settore petrolifero (il cui azionario potrebbe risentirne).

Per contro invece, imprese più innovative e operanti all’interno dei parametri ESG (Environmental, Social, Governance) e quindi tendenzialmente rispettose di canoni ambientali e sociali, potrebbero trovarsi rafforzate da un cambio d’aria politico alla Casa Bianca.

Lo scenario se vincesse Trump

Diversi investitori, invece, potrebbero valutare positivamente un secondo mandato dell’attuale presidente repubblicano sostanzialmente per due motivi: un atteggiamento meno intransigente sulla regolazione finanziaria dei mercati e il ridotto peso delle tasse societarie che, tagliato precedentemente dal 35% al 21% nel 2017 dallo stesso Mr. Trump, sarebbe probabilmente mantenuto anche nei prossimi quattro anni in caso di rielezione.

Entrambi questi elementi, favorendo gli investimenti e rafforzando i bilanci che sarebbero così meno gravati dalle tasse societarie, sono visti di buon occhio dai mercati.

Inoltre, guardando allo storico, dal 2016 ad oggi, sotto il mandato dell’attuale presidente, i mercati hanno avuto una buona performance con un aumento di più del 45% sull’indice di riferimento S&P 500 (che racchiude al suo interno le 500 maggiori aziende statunitensi per capitalizzazione). Ma è stato veramente solo merito della guida politica degli ultimi anni alla Casa Bianca?

Quest’ultimo interrogativo lascia spazio ad un’ulteriore riflessione.

Quanto incidono veramente le elezioni?

Sebbene le elezioni presidenziali siano di importanza evidente, il peso sul mercato delle stesse potrebbe essere meno decisivo di quanto si è spinti a credere.

Per quanto Trump provi ad attribuirsi meriti del buon andamento di Wall Street, mai come in questo periodo paiono esserci troppi fattori indipendenti dalla volontà dell’amministrazione di Washington a incidere sulle piazze finanziarie.

I tassi d’interesse portati a ridosso dello zero dalla FED (come risposta al crack finanziario del 2008) ad esempio, hanno spinto gli investitori a puntare sull’azionario dato il più difficile rendimento dei titoli obbligazionari, meno appetibili in epoca di tassi bassi.

O ancora, la stessa Borsa americana è infatti trainata dalle primissime aziende per capitalizzazione (le solite note: Amazon, Facebook, Apple, Alphabet) la cui crescita esponenziale degli ultimi anni pare non seguire né l’andamento dell’economia reale, né le dinamiche del resto dei mercati azionari, grazie ad altissimi tassi di innovazione e una posizione di controllo sempre più preponderante nei settori di riferimento.

Gravissimo sarebbe dimenticare il fattore che più ha condizionato (Covid a parte) i mercati nell’ultimo periodo: la rivalità commerciale con la Cina.

Biden, infatti, potrebbe portare sul tavolo una dialettica meno aggressiva e più ragionevole nel confronto con il colosso asiatico, in opposizione ad un atteggiamento invece spesso aggressivo del suo sfidante, il quale ha esacerbato la rivalità tra le prime due economie del mondo negli ultimi anni.

Una discussione più improntata al dialogo e meno ostinata potrebbe ridurre l’incertezza sui mercati che stanno scontando il rischio politico della situazione e che, dovesse sfuggire di mano, danneggerebbe senza dubbio l’attività economica statunitense (soprattutto il settore Tech, fortemente integrato nella sua catena del valore con la produzione cinese). Ma nonostante si possano condurre le trattative con metodi differenti, la rivalità commerciale con la Cina, soprattutto in ambito tecnologico, è destinata a caratterizzare il futuro prossimo e non solo.

E infine non possiamo dimenticarci come qualsiasi dinamica di mercato resti ancora, purtroppo, fortemente influenzata dalla pandemia di Covid e dalla tempistica di arrivo del vaccino.

Dunque, nel lungo periodo, paiono essere troppe le variabili da prendere in considerazione per capire veramente quali saranno le prospettive di crescita dell’economia e dei mercati finanziari nel loro complesso, che a loro volta sembrano prescindere (anche e persino) da chi siede nella stanza dei bottoni a Washington.

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