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crisi economica

Euforia Irrazionale: la Bolla delle Dot-com

Settembre 28, 2020 by Leonardo Fancello Lascia un commento

Nel 1992 gli Stati Uniti furono i protagonisti di un’espansione economica durata fino al 2000. Quel periodo venne dominato da una sorta di <<euforia irrazionale>>, espressione utilizzata da Alan Greespan, allora presidente della Fed, per indicare il sentment degli investitori. Queste parole diventarono poco tempo dopo il titolo del libro di Robert J. Shiller (“Irrational exuberance” in inglese), professore di economia comportamentale dell’università di Yale. Shiller nel libro descrisse i meccanismi che portarono alla formazione della bolla speculativa chiamata Dot-com.

Stock price

Il valore fondamentale di un azione, dove Dt=dividendi al tempo t, r=tasso d’interesse e x=premio al rischio.

Il prezzo di un’azione è uguale al valore attuale scontato atteso della somma dei dividendi futuri. Esso coincide col valore reale dell’azione, anche detto valore fondamentale. Tuttavia, è possibile che un soggetto sia disposto ad acquistare l’azione a un prezzo maggiore del valore di fondamento, in virtù delle aspettative di crescita. L’ondata di acquisti stessa è responsabile dell’incremento del prezzo dell’azione a causa della legge della domanda e dell’offerta.

Perciò, un’azione gonfiata è un titolo finanziario per il quale il prezzo è composto dal valore fondamentale e da elevate aspettative di capital gain.

Fattori strutturali come causa dell’euforia

Shiller indentifica una prima serie di fattori che gonfiarono il mercato, definiti come “strutturali”.

Il motivo principale risiede nel fatto che l’avvento di internet e l’aumento degli utili avvennero nello stesso momento. Perciò, il pubblico fu portato a pensare che i due fenomeni fossero, se non correlati, correlabili in futuro: internet avrebbe potuto far lievitare i profitti. Di conseguenza, i mass media focalizzarono la loro attenzione verso il mercato azionario, annunciando previsioni sempre più ottimistiche riguardo gli andamenti dei mercati e dei guadagni in conto capitale. Le aspettative erano solite superare l’aumento effettivo dei prezzi.

Il Baby Boom fu un periodo caratterizzato da alti tassi di natalità, iniziato nel 1946 e terminato nel 1966, anno in cominciò a rilevarsi una riduzione del tasso di fertilità. Crebbe il timore che non vi sarebbero stati abbastanza lavoratori per finanziare le pensioni di coloro nati nel periodo dell’esplosione demografica. In risposta a quella preoccupazione, i più vecchi iniziarono ad acquistare shares per provvedere all’accumulo di risorse al fine di sostenere il proprio ritiro dal mercato del lavoro. In più, i possessori di piani pensionistici 401(k) cominciarono a favorire l’acquisto di azioni rispetto alle obbligazioni.

Altre ragioni “strutturali” sono l’aumento delle operazioni di trading speculativo intra-day, causato della diminuzione dei costi di transazione dei broker, l’aumento della deregolamentazione e il taglio delle tasse sui redditi da capitale.

Il meccanismo di retroazione

Il rigonfiamento del mercato anni ’90 è visibile specialmente nel grafico del Nasdaq, cresciuto di oltre il 400% in sei anni, toccando i 5000 punti.
Fonte: commons.wikimedia.org

Tutto ciò fu amplificato da un meccanismo chiamato retroazione delle bolle. Secondo questa teoria, gli aumenti iniziali dei prezzi e il fatto che il mercato azionario si trovi in trend positivo portano gli agenti economici a voler essere partecipi di questo rialzo. I consumi più alti derivanti dai profitti invogliano ulteriori investitori a prendere parte al fenomeno. Questo processo continuerà fino a quando si assisterà a uno shock della domanda, il quale causerà una bolla negativa, ossia una repentina diminuzione dei prezzi.

Fattori culturali come causa dell’euforia

Tra i fattori culturali proposti da Shiller vi è principalmente il ruolo dei mezzi di comunicazione come propagatori delle bolle speculative. Essi, attraverso il modo di propagazione di determinate notizie, possono influenzare l’opinione di certi gruppi di persone riguardo l’azionario, nel tentativo di guadagnare l’interesse del pubblico.

In secondo luogo, secondo il professore, i rialzi dei prezzi possono essere anche associati alla diffusione del pensiero di una “nuova era”. Con questa espressione si vuole intendere ottime prospettive economiche o un boom del mercato. Nel caso dell’espansione degli anni ’90, con “nuova era” ci si riferiva a un periodo di prosperità con globalizzazione e avvento tecnologico come mascotte.

Fattori psicologici come causa dell’euforia

Le ragioni di natura psicologica risiedono principalmente nell’incomprensione del giusto valore da attribuire al mercato.

Secondo l’economista, non molti investitori riflettono realmente se il mercato sia troppo o poco quotato. Questo perché i modelli di comportamento umano nelle operazioni di borsa limitano la perfetta lettura della realtà. I limiti vengono definiti ancore e sono di tipo quantitativo e morale. Con la prima categoria si intendono quei limiti dati dalla lettura superficiale del valore degli asset. Infatti, le persone tendono a valutare un titolo azionario in base all’ultimo prezzo che ricordano o secondo una stima media dei prezzi passati. Particolare attenzione è data anche alle cifre tonde (es. S&P 500 a 3000 punti). Con le ancore morali o qualitative si intendono le forze che spingono gli agenti economici all’acquisto di titolo. Queste forze sono anche dette motivazioni e possono essere di diversi tipi. Ad esempio, la propensione capitalistica di investire in azioni è una tipologia (motivazione culturale).

Questi limiti si uniscono anche al problema di eccessiva fiducia dell’uomo nel suo intuito e di conseguenza all’incapacità di riflettere e agire razionalmente.

Altri fattori psicologici comprendono l’effetto epidemico del passaparola sulle decisioni di acquisto di determinate azioni, facendo passare i propri acquisti come convenienti al prossimo, e la tendenza umana ad essere un gregario, quindi di fidarsi delle informazioni di coloro ritenuti esperti.

Sbagliati apprendimenti come causa dell’euforia

Ulteriori motivi evidenziati da Shiller a proposito dell’espansione della dot-com consistono negli apprendimenti sbagliati degli investitori. La maggior parte degli operatori finanziari fu spronata all’acquisto di azioni a causa dell’errata convinzione per cui il mercato azionario anche in caso di crollo risalirà completamente, senza tenere in considerazione, tuttavia, che esso può rimanere a bassi livelli per lunghi periodi. Il pubblico ha imparato che le obbligazioni rendono di meno delle azioni nel lungo periodo. In realtà, anche questa non è una verità certa.

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UNA CRISI SENZA PRECEDENTI

Maggio 4, 2020 by content

“This is a crisis like no other. We have witnessed the world economy coming to standstill. We are now in recession. It is way worse than global financial crisis of 2008.”

Il Fondo Monetario Internazionale annuncia così, a metà Aprile, l’entrata ufficiale dell’economia globale in recessione, ovvero le aspettative di crescita sono passate da positive a negative per due semestri consecutivi. Ripercorrendo la storia ci sono state certamente altre crisi sanitarie, ma questa è diversa dalle altre.

In che modo questa crisi è diversa?

Le principali caratteristiche che la contraddistinguono sono:

  1. l’indistinto coinvolgimento di tutti gli Stati in modo quasi simultaneo;
  2. per contrastare il suo decorso e l’incidenza mortale del virus è necessario bloccare l’economia globale;
  3. la totale incertezza sul futuro. Ci sarà una seconda ondata di contagio? Ci sarà un vaccino nei prossimi mesi o anni?

A differenza di altri virus che hanno colpito le popolazioni, questo si è diffuso con un raggio d’azione senza precedenti grazie ad un mondo sempre più interconnesso. Una rete di collegamenti così ben strutturata e solida è stata una via preferenziale per Covid19, che è balzato da un oceano all’altro con gran facilità. Ai tempi della SARS, 17 anni fa, il mondo non era così collegato e le barriere geografiche, oggi abbattute dalla globalizzazione, erano state l’arma contro la diffusione globale del virus. Ha colpito tutti, paesi sviluppati e non, mettendo a nudo la loro totale impreparazione di fronte ad una crisi pandemica. Nessuno era pronto, nessuno di noi.

Che tipo di shock economico ci dobbiamo aspettare?

L’intensità dello shock dipende dalle caratteristiche epidemiologiche del virus, dalle risposte della politica, delle aziende e dei consumatori di fronte a questa crisi. La tipologia dello shock, invece, dipende dal danno provocato al lato dell’offerta delle economie, in particolare alla formazione di capitale. Lo shock può essere identificato con le cosiddette forme a V, U ed L. La forma V è tipica di un’economia che ha vissuto un importante rallentamento ma la crescita alla fine è rimbalzata, tornando ai livelli precedenti. E’ la previsione più rassicurante. La forma a U si distingue dalla forma a V per un danno economico maggiore, ovvero il tasso di crescita post-crisi è tornato ad aumentare ma non ha raggiunto i livelli precedenti, definendo un divario tra livelli pre e post-crisi. La forma ad L è la prospettiva peggiore, in cui il tasso di crescita è declinato, il livello produttivo non è mai tornato ai suoi livelli precedenti e la crisi ha creato danni strutturali duraturi sull’offerta. Ad oggi, nonostante si auspichi ad una ripresa a V, è difficile poter prevedere con certezza la geometria dello shock.

Fare delle previsioni è una nuova sfida?

Quello che è successo nelle ultime 10 settimane non rientrava nei calcoli di rischio. Ad oggi, per la prima volta nella storia, dichiara Kristalina Georgieva, Direttrice operativa del FMI, la proiezione dei dati economici nel futuro è più ardua che mai. Ciò che accadrà nei prossimi mesi dipende dalle risposte dei policy makers, dal decorso del virus e dalla scoperta di un vaccino. Solitamente le previsioni si basano su un modello che considera i dati epidemiologici da un lato e macroeconomici dall’altro. La sfida di oggi è riuscire ad integrare a questi dati i possibili scenari futuri, tenendo conto che non tutti i sistemi politici affronteranno la crisi allo stesso modo. L’interpretazione deve, così, conoscere nuove frontiere e creare nuovi modelli.

Ci si chiede ad esempio se, ipotizzando una situazione post-crisi con un nuovo vaccino, il consumatore avrà lo stesso atteggiamento o tenderà ad una maggiore avversione al rischio. Dobbiamo aspettarci una tendenza alla deglobalizzazione? Oppure il pragmatismo prevarrà? Solo il tempo ci darà delle risposte.

E’ chiaro che, indipendentemente dai possibili scenari futuri, l’economia dovrà ripartire in modo graduale e responsabile e ci sarà un apprendimento passo a passo, monitorando e gestendo al meglio l’inevitabile futuro aumento dei debiti nazionali, deficit, casi di bancarotta, disoccupazione e povertà.

Spesso i dati vengono confrontati con la crisi finanziaria del 2008, perché sono diverse?

“This is a crisis like no other” è stato sottolineato più volte. Innanzitutto la grande recessione del 2008 è stata provocata da una crisi finanziaria, quindi endogena al sistema economico, mentre questa recessione è causata da un evento extraeconomico.

Il tracollo del 2008 è partito da un bolla finanziaria che tramite una crisi del credito ha avuto forti ripercussioni anche sull’economia reale, che, seppur colpita, ha comunque continuato a funzionare. Quello a cui ci troviamo di fronte oggi è un arresto delle attività produttive combinata ad un drastico calo dei consumi, come conseguenza del lock down. È una crisi della domanda e dell’offerta, che comporta un congelamento dell’economia reale su larga scala. La crisi congiunta di domanda e offerta sta naturalmente portando ad una crisi del sistema finanziario. Da un lato i fallimenti nell’economia reale rendono difficile la gestione del sistema finanziario, dove le banche si ritrovano a dover fare prestiti alle imprese che non sono più in grado di far fronte alle proprie obbligazioni, dall’altro una crisi finanziaria comporta una crisi del credito (ciò che è accaduto nella crisi del 2008). Un vero e proprio effetto domino.

È uno scenario senza precedenti il cui prolungamento compromette la formazione di capitale, la crescita della produttività e la partecipazione al lavoro.

Qual è la miglior reazione a questa crisi?

Non esiste alcun manuale di politiche che si possono adottare in questo caso, non esiste una roadmap da seguire, ce la dobbiamo costruire noi. È sicuro che una condizione d’incertezza ci sarà finché l’avvento di un vaccino non ci renderà meno vulnerabili, ma il livello di allerta deve rimanere alto perché questo tipo di crisi potranno ripetersi.

Si è parlato di economia di guerra, non perché ne abbia le caratteristiche tipiche ma nell’intento di evocare una situazione straordinaria che richiede azioni straordinarie. La spesa pubblica va aumentata in modo ragionato ed attento, ben canalizzata verso imprese e famiglie che debbono poter restituire i prestiti nelle condizioni più favorevoli. Lo Stato deve intervenire come sanatore ma anche come innovatore.

“Dobbiamo inventare una saggezza nuova per una nuova era. E nel frattempo, se vogliamo fare qualcosa di buono, dobbiamo apparire eterodossi, problematici, pericolosi e disobbedienti agli occhi dei nostri progenitori”. Keynes si esprimeva così, ricordandoci che da questo dramma può nascere l’occasione di riflettere su nuovi modi di vivere e di convivere con questo tipo di avvenimenti. 

Monica Girardi

Archiviato in:Uncategorized Contrassegnato con: COVID-19, crisi economica, Invenicement, recessione

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