Intervista a Roberto Coin

“La mia storia è un po’ difficile da raccontare, perché è una storia anomala come lo sono stato io in tutta la mia vita”
Perdo i genitori molto presto e vado subito in collegio, ho sempre avuto un’innata curiosità e voglia diconoscere il mondo. Così dopo diversi stage in hotel e ristoranti di lusso tra la Svizzera e l’Italia, prendo l’Hotel management Diploma a 18 anni vado a lavorare a Guernsey, un’isola dell’Inghilterra. Li inizio a lavorare e imparo l’inglese, ma succede qualcosa di bello, mi innamoro, mi sposo e a 20 anni ho il mio primo figlio. Facendomi prestare i soldi un po’ da mio fratello un po’ dalla banca apro la mia prima attività, un caffè nel corso centrale di Guernsey, seguito poi con successo da un piccolo ristorante e infine il Richmond Hotel, un albergo che nessuno voleva comprare e che io sono riuscito a fare diventare un puntodi riferimento per tutta l’isola. Così inizia la mia storia da imprenditore. A 33 anni decido di tornare in Italia, vado ad una fiera dell’oro di Vicenza e rimango incantato dalla bellezza dei gioielli e dalla moda, immediatamente apro una ditta proprio a Vicenza e stavolta la mia missione è la creatività. Sapevo chel’oro era giallo che i diamanti erano bianchi ma non sapevo altro. Intraprendo lo stesso questa nuova avventura imprenditoriale. Per sette anni studio, imparo, viaggio nel mondo, incontro fabbricanti, dettaglianti, esperti del settore e nell’84 inizio a produrre e commercializzare i miei gioielli. Nonostante fossimo la 5326esima azienda orafa in Italia, il successo arriva presto e inizio a produrre per i grandi nomi internazionali del gioiello. Mi hanno trovato interessante, giovane, parlavo inglese, ero un business man preparato e intraprendente, servizievole nel senso che capivo le esigenze dei miei clienti, grazie alla lungascuola sull’ospitalità appresa negli hotels. Ero diverso, ero creativo, anche se non sapevo disegnare se non degli schizzi, avevo delle idee che funzionavano. Alla fine del 1993 vendevamo già circa 4.900 kg d’oro all’anno.
Nel 1996 feci una scelta cruciale: creare un brand con il mio nome a New York, il mercato americano era quello che conoscevo meglio. La mia creatività, l’unicità, l’eccellenza e la qualità del prodotto ci hanno permesso di diventare conosciuti e stimati in tutto il mondo in poco tempo. Nel 2000 eravamo il settimo brand più conosciuto in America, le star del cinema indossavano i nostri gioielli e comparivamo tra i nomi più importanti della moda nelle pagine dei giornali. Siamo partiti in 6, oggi siamo oltre 300 e i nostri gioielli sono presenti in 62 paesi. Produciamo l’85% internamente e esportiamo il 99% all’estero.
Quali sono le prospettive e le sfide future di Roberto Coin, l’azienda? Invece, Lei dove si vede tra 10 anni?
Solo Dio può saperlo! Sicuramente sarò ancora coinvolto nell’azienda, cercando di realizzare tutti i miei sogni. Continuerò anche a seguire differenti attività caritatevoli nel mondo e a parlare alle giovani generazioni che sono le più intelligenti e affascinanti di sempre.
Nel futuro Roberto Coin penso potrà continuare a crescere, il rapido e costante cambiamento del mercato, le nuove esigenze del consumatore e le nuove tecnologie rappresentano per noi delle opportunità da affrontare con grande preparazione.
Pensa di essere un uomo di successo? Quali sacrifici ha dovuto fare? Qual è la chiave per avere successo?
Ci sono varie definizioni attribuibili alla parola successo, se successo significa essere credibili e rispettati allora posso definirmi un uomo di successo. Tutto quello che ho fatto non è mai stato un sacrificio, il rapporto tra vita privata e lavoro deve essere equilibrato e intelligente, conta la qualità, non la quantità del tempo passato in famiglia.