Yield Curve: un rollercoaster finanziario

Spesso si immagina il lavoro dell’analista finanziario come a quello di un veggente. In realtà la faccenda è molto più complessa e numerosi strumenti danno la possibilità di fare previsioni più o meno accurate su quanto si prevede possa accadere in futuro. Forse uno degli strumenti di spicco oggigiorno è la curva dei tassi di interesse, nota nel mondo anglosassone come yield curve. Si tratta di un indicatore grafico estremamente efficace che relaziona il rendimento dei titoli di Stato con la relativa scadenza. E forse proprio per la sua precisione nel predire fenomeni recessivi o espansivi a livello macroeconomico nel corso degli anni, oggi desta sempre più preoccupazione tra gli esperti. 

Ma di cosa si tratta esattamente?

Si tratta di una rappresentazione grafica, come già detto, della relazione che intercorre tra tassi di interesse (solitamente di titoli di stato) e la relativa maturità. Una curva in condizioni normali dovrebbe essere di tipo crescente e dovrebbe rappresentare una economia in buono stato di salute; per i titoli più vicini alla scadenza il rendimento risulta essere meno elevato, perché i rischi relativi all’investimento fatto sono minori (minore rischio di default o fallimento nel ripagare il titolo a scadenza, minore rischio di perdita di valore per inflazione…). Procedendo verso la parte destra del grafico la curva invece continua a crescere a seguito dell’aumento dei rischi e del rendimento connesso alla maggiore maturità (maggiori rischi di default ad esempio), in una sorta di relazione diretta. Ma non esiste una sola tipologia di curva dei tassi di interesse: essa può assumere diverse forme e direzioni. Altra tipologia è a cosiddetta curva “piatta” (“flat”), e la curva invertita (“inverted”) che, come suggerisce il nome, è di fatto invertita rispetto all’andamento normale della curva in condizioni economiche positive. Essa si riflette in un valore dei tassi di interesse nel breve periodo più elevata rispetto a quelli nel lungo periodo. Una delle motivazioni potrebbe essere l’incertezza nei mercati finanziari, che, non essendo fiduciosi nel possibile andamento economico nel futuro, preferiscono investire nel breve periodo per il quale avvertono una maggiore sicurezza generale. Per la legge della domanda e dell’offerta i prezzi calano e i tassi di interesse crescono.

In passato una inversione della curva dei tassi è pressoché sempre stata accompagnata da un periodo di recessione, rivestendo in qualche modo il ruolo di un vero e proprio segnale premonitore. Solamente in un’occasione nel corso di 70 anni questo indicatore ha sbagliato la propria premonizione, fattore che rende la sua analisi di estrema importanza per un qualsiasi analista. 

Da marzo di quest’anno la curva dei tassi statunitense si è invertita e continua ad essere invertita da allora. Di fatto tutti i soggetti coinvolti nel settore finanziario, dalla banca centrale cinese alla BCE fino a tutti i maggiori fondi di investimento e fondi pensione, investono una qualche proporzione dei propri fondi in questi titoli ritenuti sicuri per il loro portafoglio. Pertanto, la stessa yield curve, che in parte rappresenta la domanda e l’offerta di titoli di uno specifico stato emittente, rappresenta nel caso statunitense l’opinione generale del mercato verso la situazione economica del Paese. Guardando la curva, sembrerebbe un Paese sull’orlo di una recessione, in netto contrasto ai dati sull’economia statunitense che nonostante la guerra commerciale con la Cina non sembra essere intenzionata a fermarsi. 

Come spiegare una situazione del genere pertanto? Di fatto si deve tenere conto che la stessa curva, dal lato offerta di titoli, dipende strettamente dalla politica monetaria adottata dal Paese in questione. Nel caso statunitense, nell’ultimo decennio la politica monetaria negli States si è caratterizzata per numerose sperimentazioni, tra le quali l’uso intensivo del Quantitative Easing (QE) e altre politiche monetarie espansive. Ad oggi, la FED si definisce come “beyond the curve”, ossia in grado di controllare l’andamento e di influenzarne tramite nuovi strumenti di politica monetaria innovativa. Questo si riflette in una curva che sembra non riuscire più a prevedere l’andamento economico di un Paese.

DI fatto, numerosi sono comunque gli strumenti tutt’oggi a disposizione degli analisti. Il tasso di disoccupazione è strettamente legato alle performance economiche del Paese, e permette di prevedere in qualche modo il rallentamento di manifattura, primario e servizi. La stessa ricerca nei media della parola “recessione” dà un’idea di massima del clima che si respira nel settore finanziario. Tuttavia, si tratta sempre di valori indicativi, la cui lettura deve essere in generale fatta in un quadro d’insieme. È indubbio che non si tratta di segnali infallibili, ma con una guerra commerciale avviata con la Cina e un generale rallentamento nella crescita dei posti di lavoro, l’attenzione nel settore è più alto che mai.

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