Nel 1991 l’Ucraina è stata riconosciuta indipendente dalla Russia. Nonostante ciò, la Russia non ha mai accettato la perdita del territorio ucraino. È per questo che nel 2014 scoppia la crisi russo-ucraina, in seguito all’annessione della Crimea (territorio ucraino) alla Federazione. L’Ucraina è lacerata. Alla crisi della Crimea seguono gli scontri nei distretti Donetsk e Lugansk, nella regione del Donbass, che portano a dichiarare queste circoscrizioni repubbliche popolari indipendenti. Inizia, così, un conflitto tra le milizie separatiste filorusse e le forze armate del governo di Kiev.
C’è da chiedersi perché le tensioni geopolitiche tra Russia e Ucraina siano esplose, portando alla recente invasione russa nel territorio ucraino.
Fattore scatenante è certamente la possibile adesione dell’Ucraina alla NATO. Opponendosi all’ingresso di Kiev nell’alleanza militare atlantica, il Cremlino accusa l’occidente di voler circondare militarmente la Russia. Dunque, sentendosi minacciato, il 22 febbraio Putin riconosce l’indipendenza dei territori del Donbass, inviando le sue truppe oltre confine. Nel discorso alla nazione del presidente russo emerge un rigoroso spirito nazionalista: “l’Ucraina è parte integrante della nostra storia e cultura”.
Gli Stati Uniti d’America rispondono alla provocazione del Presidente russo con delle misure sanzionatorie, principalmente riguardanti il settore economico. Sebbene il governo americano continuerà a rifornire l’Ucraina di armi difensive, ha ribadito più volte di essere contrario al ricorso alle armi, ma d’accordo all’applicazione di sanzioni economiche. Gli Stati Membri dell’Unione Europea seguono le orme degli americani, senza evidentemente considerare i rischi in cui incorrono. Infatti, i Ventisette dipendono largamente dalla Russia per volume di importazione di merci e di materie prime. Perciò, limitare import ed export da e per l’Unione Sovietica aumenterebbe esponenzialmente i prezzi dell’energia, come già si sta verificando. La ripresa economica post-Covid in tutta Europa potrebbe essere minata.
LE SANZIONI ECONOMICHE
Agendo contro le istituzioni finanziarie russe, alle banche d’America è vietato gestire le transazioni dell’istituto di sviluppo VEB e della banca militare russa, poiché finanziatrici delle operazioni militari nel Donbass. Anche l’UE colpisce le banche che finanziano le operazioni militari in Ucraina.
Inoltre, Joe Biden propone l’esclusione della Russia dai finanziamenti occidentali, impedendo a Mosca di scambiare nuovi titoli del debito russo sui mercati finanziari europei e statunitensi.
La lista degli “Specially Designated Nationals” (SDN) accoglierà i nomi di individui e società russe a favore dell’invasione, a eccezione del presidente Putin. Si tratta di miliardari esponenti della Duma e coinvolti nelle decisioni russe in Ucraina. Questo strumento permette di espellere i soggetti russi coinvolti nel sistema bancario americano. Di conseguenza al congelamento di conti e beni che si trovano sotto la giurisdizione statunitense, agli individui sanzionati è impedito il commercio.
Altresì, il governo americano ha premuto per fermare l’entrata in funzione del gasdotto Nord Stream 2. Perciò, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha proceduto ad una temporanea interruzione delle pratiche di certificazione dell’impianto. Le sorti del Nord Stream 2 determinano gli equilibri tra Occidente e Russia. Se da una parte l’Europa dipende dalle forniture di Gazprom, colosso dell’energia controllato dal Cremlino, dall’altra l’economia russa, fondata sugli idrocarburi, non può permettersi di perdere il suo principale acquirente di gas.
Di fronte all’evidente necessità per nazioni come l’Italia di mantenere buoni rapporti con il Cremlino per garantirsi la sussistenza economica, un nuovo pacchetto di misure sanzionatorie risulta rovinoso. Nonostante ciò, la Commissione Europea si sarebbe proposta a sostenere i più vulnerabili… Sarà davvero così?
QUALE SAREBBE L’OBIETTIVO DI QUESTE SANZIONI?
Peter Harrell, massimo esperto di governo economico statunitense, descrive le sanzioni economiche come fattore fondamentale per innescare l’inflazione, nell’auspicio che, di fronte all’aumento dei prezzi, la banca centrale russa si preoccupi di pensare all’interesse delle banche locali.
Così si spiegherebbe il perché della decisione di Boris Johnson di colpire le banche russe Rossiya, IS Bank, General Bank, Promsvyazbank e Black Sea Bank.
Se l’instabilità delle banche ucraine non spaventa gli occidentali, quella delle banche russe infonde preoccupazione. Di fatto, le grandi banche italiane, francesi e austriache UniCredit, Intesa Sanpaolo, Societe Generale e Raiffeisen Bank contribuiscono ad un totale attivo di circa 50 miliardi. Le banche svizzere contano più di 20 miliardi di passività da clienti russi.
Tuttavia, anche se queste sanzioni economiche possono sembrare salvifiche per l’Europa e l’America, non è detto che lo siano alla stessa stregua per entrambi i paesi. L’emergere di una profonda crisi economica in Russia comprometterebbe la qualità e la redditività delle attività bancarie russe. Così, anche la redditività delle banche europee si indebolirebbe.
È, dunque, opportuna la scelta di imbracciare una serie di sanzioni economiche per fronteggiare l’avanzare della guerra?