Dal giorno della sua elezione come presidente del governo brasiliano, Jair Bolsonaro ha messo in atto una serie di condoni e misure atte a far ripartire il processo di deforestazione dell’Amazonia in nome di una politica di rilancio dell’agricoltura e dell’allevamento nonché dello sviluppo delle infrastrutture del paese. Dopo i disastrosi incendi che hanno colpito la foresta amazzonica, l’opinione pubblica ha spinto il mondo politico a sanzionare il Brasile e alcune sue industrie nonché a fornire svariati milioni di dollari per fermare questi atti di scempio del suolo brasiliano per preservare il nostro pianeta.
Dal canto suo, il presidente Donald Trump sembra non voler essere da meno: dall’intenzione a lasciare l’accordo di Parigi sul riscaldamento globale entro il 2020 a diverse misure atte a rimuovere lo status di “protetto” da diverse riserve per consentire l’estrazione di gas e petrolio, gli Stati Uniti stanno andando contro la tendenza delle economie più importanti a livello globale. Giusto la settimana scorsa, una nuova proposta è stata varata per permettere alle compagnie petrolifere di non installare i rilevatori delle fuoriuscite di metano sulle nuove condutture e pozzi di estrazione. Pur quanto il metano rimanga nell’atmosfera per minor tempo rispetto all’anidrite carbonica, ha un effetto serra potenzialmente 84-87 volte superiore nell’arco di 20 anni.
Il cambiamento (e surriscaldamento) climatico mondiale è diventato uno degli argomenti più importanti nell’agenda politica globale grazie alla pressione esercitata da svariati movimenti ambientalisti da ogni dove del mondo. Dallo scioglimento dei ghiacciai alle microplastiche, i segnali che stiamo osservando ci chiedono insistentemente un cambio di rotta. Alcuni paesi come l’Irlanda e la Germania stanno cercando di ridurre le loro emissioni investendo in energie rinnovabili, altri come Francia e Etiopia stanno ricostruendo o creando ex-novo le loro foreste per creare zone “carbon-sink”, cioè in grado di assorbire grandi quantità di CO2e altri gas serra. Tuttavia, nonostante i dati confermino il trend del surriscaldamento globale e della corsa alla sostenibilità delle attività umane, molti paesi si dimostrano ancora avversi a queste tematiche, che vengono viste come di scarsa importanza o non inerenti al benessere collettivo della loro popolazione.
Già ad oggi gli effetti del riscaldamento globale sono visibili, cambiando radicalmente il clima in alcune zone del mondo o esacerbando molti fenomeni atmosferici: basti pensare all’uragano Dorian che recentemente ha devastato le isole Bahamas causando ingenti danni anche alle coste degli Stati Uniti.
Tuttavia, se il mondo politico sembra prendere decisioni in merito a questo ambito in maniera lenta e poco efficiente, il mondo economico-finanziario sembra invece aver recepito il messaggio chiaro e forte: combattere il riscaldamento globale tramite innovazioni e energie rinnovabili non è solamente un dovere, ma per alcuni è anche diventato un piacere.
Nonostante il trend sia cominciato ben prima, dal 2016 gli investimenti da parte di professionisti del settore nelle compagnie “green” sono aumentati del 34%, con almeno 30.7 trilioni di dollari investiti in queste società (un trilione si quantifica come mille miliardi). Per quanto non esista ancora una definizione precisa e accettata globalmente di “finanza sostenibile”, molti prodotti emessi da società energetiche sostenibili sembrano promettere ritorni competitivi e sicurezze per il futuro. Ad oggi, le principali strategie di investimento che vengono utilizzate nel mondo finanziario si rifanno a particolari tipologie di obbligazioni (ad esempio i “green bonds”, introdotti dalla commissione europea nel 2018) oppure più semplicemente tramite partecipazioni azionarie in quelle compagnie che cercano di dare una svolta positiva ad un futuro climatico incerto.
I così detti green bonds sono particolari tipologie di obbligazioni che permettono alle istituzioni che li emettono di raccogliere finanziamenti, a condizione che questi fondi vengano destinati per lo sviluppo di progetti utili per il nostro pianeta (come ricerca e sviluppo o creazione di impianti). A partire dal 2018 una commissione tecnica è stata incaricata di creare uno standard non obbligatorio a livello europeo, per consentire l’ulteriore sviluppo di questi strumenti tramite una migliore trasparenza e l’obbligo di fornire un report di impatto ambientale in grado di certificare la destinazione dei fondi. A febbraio di quest’anno i green bonds contavano solo per l’1% del mercato obbligazionario europeo nonostante il loro impiego sia stato incentivato dall’Unione Europea e in generale da un trend globale “verde” che punta a trovare soluzioni per salvare il pianeta il più velocemente possibile.
Investire nelle migliori compagnie eco-sostenibili non è tuttavia l’unica strategia adottata dai professionisti del settore: con “exlusionary screening” si intende una strategia per cui svariati fondi di investimento decidono attivamente di non fornire fondi a quelle compagnie viste come colpevoli del riscaldamento globale a causa del loro business o delle loro politiche energetiche poco ambientaliste. Ad oggi questa strategia è la più utilizzata, prendendo il 31% di tutti i fondi destinati alla finanza sostenibile e comunicando un segnale chiaro al mondo industriale: “i vecchi modelli di business basati sullo sfruttamento indiscriminato del nostro pianeta non sono più bene accetti”
Questo enorme incremento di fondi ha molteplici effetti, tra cui l’aumentata velocità di sviluppo di nuove tecnologie e materiali che permetteranno una riduzione ancora maggiore dell’impatto dell’essere umano sull’ambiente.
Nonostante il tempo a nostra disposizione per agire stia diminuendo sempre più, questo trend nel mondo della finanza potrebbe aiutare a compensare la mancanza di quei fondi che gli stati delle economie più sviluppate non sono in grado di fornire a causa di vari problemi legati alle loro economie stagnanti e ad elevati livelli di debito, nonché alla difficoltà politica di giustificare incrementi in ricerca e sviluppo piuttosto che misure di welfare.
Forse non è ancora abbastanza, ma è un segnale che le cose stanno cambiando per il meglio. Tutto sommato, il futuro per il nostro pianeta potrebbe essere più green di quanto ci potremmo aspettare.
Fasolo Alberto
FONTI
- https://edition.cnn.com/2019/09/04/politics/trump-climate-change-policy-rollbacks/index.html
- https://ec.europa.eu/newsroom/fisma/item-detail.cfm?item_id=645336&utm_source=fisma_newsroom&utm_medium=Website&utm_campaign=fisma&utm_content=Green%20bonds%20&lang=en
- https://www.bloomberg.com/graphics/2019-green-finance/
- The economist, 3-9 Agosto 2019
- https://unfccc.int/process-and-meetings/the-paris-agreement/the-paris-agreement
- https://ec.europa.eu/info/publications/sustainable-finance-teg-green-bond-standard_en
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