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Elia Zorzi

TASSI DI INTERESSE E INFLAZIONE: COME PROCEDERÀ LA BCE

Novembre 30, 2022 by Elia Zorzi Lascia un commento

Il 15 dicembre 2022 sarà un giorno cruciale per l’Eurozona. Si terrà il tanto atteso meeting dei vertici della BCE, in cui si discuterà l’approccio da adottare per riportare l’inflazione al suo valore target di medio periodo del 2%. Un terzo ciclo di aumento dei tassi di interesse è inevitabile, l’unico nodo da sciogliere riguarda l’aumento: si opterà per un incremento di 50 punti base o di 75 punti base?

PERCHÉ LA BCE MODIFICA I TASSI DI INTERESSE?
A tal proposito è necessario compiere fin da subito una distinzione. Ci sono alcune banche centrali che si focalizzano sulla base monetaria e, affinché non vari, operano sui tassi di interesse. Altri istituti centrali, tra cui la BCE, fissano, invece, un tasso di interesse obiettivo da mantenere invariato nel medio periodo, ricorrendo ad operazioni nel mercato aperto dei titoli. In altre parole, in condizioni politico-economiche normali, il tasso di policy di medio periodo non cambia, mentre si modificano solo i tassi di interesse di breve periodo per effetto dell’acquisto o della vendita di titoli da parte della Banca Centrale.
Le motivazioni che inducono una Banca Centrare come la BCE ad aumentare o a ridurre i tassi di interesse possono essere varie. La produzione è al di sopra o al di sotto del suo livello potenziale, l’inflazione presenta valori elevati o troppo bassi, la domanda di moneta è cresciuta o è diminuita. Tendenzialmente, si tratta di situazioni patologiche, che la Banca Centrale deve fronteggiare modificando o adeguando la politica monetaria fino ad allora adottata.
Nella situazione economia attuale, la BCE sta alzando i tassi di interesse per riportare l’inflazione al 2%.

COS’È L’INFLAZIONE E PERCHÉ LA BCE AUMENTA I TASSI DI INTERESSE?
Con il termine “inflazione” si intende l’aumento generalizzato e costante dei prezzi che provoca, al tempo stesso, una perdita del potere d’acquisto. La Banca Centrale Europea prevede, secondo il proprio statuto, di mantenere un target inflazionistico del 2%. Un livello di inflazione contenuto nel tempo, infatti, è sintomo di crescita economia. Semplificando al massimo, quando la domanda di beni e servizi supera l’offerta, le imprese sono propense ad aumentare i prezzi e, al contempo, aumentano i propri livelli di produzione.
Un’inflazione galoppante o stabile su valori elevati fuori target, invece, avrebbe effetti negativi come la diminuzione del potere d’acquisto e la perdita di valore dei risparmi. Attualmente l’inflazione è pari circa al 10,6% nell’Eurozona. Facendo un semplice esempio, un prodotto che l’anno scorso costava €100 ora ha un prezzo di €110,60. Pertanto, o si adeguano i salari all’inflazione per fronteggiare l’aumento dei prezzi o il proprio tenore di vita cala.
In situazioni economiche come quella che caratterizza il giorno d’oggi, la Banca centrale è costretta ad aumentare il tasso di policy per riportare l’inflazione al proprio valore target. Se una politica monetaria espansiva è volta a favorire lo sviluppo economico, al contrario, una politica monetaria restrittiva mira a raffreddare un’economia surriscaldata. Fornendo uno scenario accelerato per comprendere gli effetti, un aumento importante dei tassi di interesse da parte della BCE comporterebbe la diminuzione innanzitutto degli investimenti delle imprese e dei privati, in quanto prendere a prestito o accendere un mutuo sarebbe più costoso; in misura minore si ridimensionano anche i consumi. Comprando, consumando e investendo meno, i prezzi si abbassano, si riduce l’output gap della produzione e l’inflazione diminuisce.

COME MAI L’INFLAZIONE È AUMENTATA COSÌ TANTO?
L’inizio dell’aumento incontrollato dell’inflazione è avvenuto a partire dall’agosto 2021. Le numerose e rapide riaperture post pandemiche, il rincaro dei beni energetici e il cosiddetto effetto base sono le cause principali.
La riduzione delle restrizioni ha comportato una notevole ripresa economica. La crescita considerevole della domanda rispetto all’offerta effettiva ha consentito alle imprese di poter aumentare i prezzi senza che il consumo si riducesse. Tale situazione, però, è stata solo momentanea. Il consumo, infatti, si è ridotto soprattutto perché i costi energetici sono cresciuti, in modo particolare per i combustibili fossili, che costituiscono la principale fonte energetica attuale.
A quanto appena esposto si aggiunge l’effetto base, ossia l’effetto distorsivo provocato dal confronto tra i prezzi post pandemia con quelli registrati durante il lockdown decisamente più bassi. Inoltre, lo scoppio della guerra in Ucraina ha contribuito sicuramente ad aggravare una situazione già di per sé complicata.


DI QUANTO INTENDE AUMENTARE IL TASSO DI POLICY LA BCE?
Stando a quanto traspare, la BCE aumenterà i tassi di interesse o di 50 punti base o di 75 punti base. Il direttore della Banca Centrale austriaca Robert Holzmann sta sollecitando i vertici dell’Eurotower affinché si proceda verso il rialzo più consistente, in quanto, così facendo, si rassicurerebbero i mercati sulla volontà di riportare davvero l’inflazione al 2% entro il 2024. Al tempo stesso, però, c’è chi sostiene che mosse troppo forti da parte della Banca Centrale possano condurre ad una situazione di stagnazione o addirittura di recessione. La medesima Christine Lagarde ha affermato che l’aumento del PIL registrato non è sufficientemente rassicurante, pertanto lo scenario in cui lo sviluppo economico e la produzione siano al di sotto dei loro livelli potenziali è molto probabile. La Presidente del Fondo Monetario Internazionale Georgiova, infatti, stima che metà dei Paesi dell’UE sarà in recessione nel 2023.


INCERTEZZA DELLA PRESIDENTE LAGARDE
In uno dei suoi ultimi interventi al Parlamento europeo, la Presidente della BCE Christine Lagarde ha affermato che l’inflazione potrebbe raggiungere nuovi picchi. L’incertezza riguardo l’aumento dei tassi di interesse deriva anche da questa situazione: se gli economisti della Banca Centrale si aspettano valori inflazionistici maggiori del 10,6% attuale, si procederà con la mossa più restrittiva.
I timori di una possibile situazione di stagflazione non sono, pertanto, da escludere a priori. Se l’aumento dei tassi di interesse per cui si opterà non dovesse essere sufficiente e se l’inflazione dovesse crescere ulteriormente, l’Eurozona si troverebbe in una situazione in cui non ci sarebbe crescita economica e, contemporaneamente, i prezzi aumenterebbero.


Scritto da Elia Zorzi

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POLITICHE MONETARIE A CONFRONTO: COME BCE E FED PROCEDERANNO NEL 2022

Gennaio 17, 2022 by Elia Zorzi Lascia un commento

A distanza di qualche ora si sono tenute, tra il 15 e il 16 dicembre, le conferenze stampa dei vertici della BCE e della Fed, con al centro della rassegna le future politiche monetarie che Unione Europea e Stati Uniti hanno intenzione di adottare nel 2022. Da quanto emerso, si può già intendere come Christine Lagarde Jerome Powell abbiano elaborato due piani d’azione completamente differenti, complici le situazioni economiche, inflazionistiche e pandemiche non affini tra Europa e USA. Di che cosa si tratta, però, nel concreto? Che cosa ha spinto la Banca Centrale ad abbandonare una linea fino ad ora comune e condivisa con la Federal Reserve? 

ABBANDONO GRADUALE DI PEPP, APP E TAPERING: IL PIANO DELLA BCE

Come detto precedentemente, Fed e BCE hanno optato per proseguire su strade diverse dal 2022 per garantire la ripresa economica. La leader della Banca Centrale ha affermato che il Programma di Acquisto di Emergenza Pandemica (PEPP) si concluderà a marzo, come già stabilito in precedenza. Tuttavia, per evitare che l’acquisto di obbligazioni subisca un brusco calo come conseguenza dell’abbandono del PEPP, la BCE provvederà ad un ridimensionamento dell’Asset Purchase Programm (APP). Ci si aspetta un unico aumento del quantitative easing, pari a 40 miliardi di euro al mese, previsto per l’inizio del secondo trimestre. Tale cifra verrà ridotta nel terzo trimestre a 30 miliardi al mese e, all’inizio di ottobre, dovrebbe essere ridimensionata ai 20 miliardi mensili che caratterizzano gli attuali acquisti effettuati tramite il quantitative easing. Più nello specifico, nel 2022 i soli acquisti QE ammonteranno a 330 miliardi (90 in più rispetto al 2021), a cui si aggiungeranno i 150 miliardi provenienti dal PEPP, per un totale di 480 miliardi di euro, ossia 630 in meno rispetto a quest’anno. La volontà della BCE, infatti, è assicurarsi che la ripresa economica possa avvenire con un ridimensionamento costante del ruolo che la medesima ha avuto negli ultimi due anni di pandemia. Nonostante ciò, essa cercherà comunque di mantenere un certo livello di flessibilità per evitare possibili crisi economiche future, dovute agli sviluppi del virus. A tal proposito, la stessa Lagarde ha rassicurato i governi dell’Eurozona riguardo la nuova variante Omicron, sostenendo che i mercati hanno reagito in maniera meno negativa rispetto alle aspettative. Attualmente il board della Banca Centrale ha stimato che la ripresa sarà probabilmente del 4,2% nel 2022 con i livelli pandemici odierni e, nel caso in cui si dovessero reintrodurre importanti restrizioni per contenere i contagi, verrebbero riprese temporaneamente le politiche monetarie adottate durante la pandemia. 

Nell’ultima parte della conferenza, la Presidente della BCE si è focalizzata sull’aumento dell’inflazione (circa il 2%), le cui cause sono anche connesse alla crisi energetica e, pertanto, si prevede che possa trattarsi di un fenomeno temporaneo, con i prezzi destinati ad abbassarsi qualora aumentassero le materie prime. Infine, l’intervistata ha specificato che i tassi di interesse molto improbabilmente dovrebbero aumentare nel corso del prossimo anno. 

TAPERING, INFLAZIONE, RIALZO DEI TASSI DI INTERESSI: LA DECISIONE DELLA FED

Sebbene da entrambe le conferenze sia emersa la volontà di cessare le politiche economiche straordinarie adottate a causa della pandemia, le decisioni di Lagarde e Powell differiscono drasticamente per l’approccio adottato e il contesto economico-pandemico. Rispetto a quanto affermato nel paragrafo precedente, dove traspariva una certa cautela da parte della BCE, Powell ha comunicato che gli Stati Uniti saranno costretti ad un rapido cambio di rotta. L’inflazione strutturale del 6,8% ha costretto il board della Fed a raddoppiare i tempi per giungere all’abbandono definitivo del tapering, previsto per marzo 2022. Più nello specifico, l’abbandono del tapering prevede di ridurre gli acquisti di asset a 30 miliardi mensili (rispetto ai 15 attuali). Ciò garantirebbe alla Federal Reserve di poter godere di maggiore flessibilità sui tassi di interesse, i quali potrebbero subire tre rialzi dello 0,25% nel corso del prossimo anno e altrettanti nel 2023. 

SCELTE DIVERSE MA OBIETTIVI COMUNI?

È lampante la differenza tra la strategia intrapresa dalla BCE e quella dalla Fed. Lo sono anche le situazioni in cui si trovano rispettivamente UE e Stati Uniti e le valutazioni compiute dai board delle due Banche Centrali. Se da parte dell’Eurotower l’inflazione viene considerata temporanea, tendendo alla cautela e ad un decentramento graduale, Washington, invece, considera il fenomeno strutturale. Il centro delle politiche monetarie statunitensi verte, quindi, sulla cessazione delle misure adottate durante la pandemia entro il primo trimestre. In ogni caso, sembra palese come l’obiettivo perseguito da Lagarde e Powell sia lo stesso, ossia favorire la ripresa e normalizzare nuovamente l’economia, seppur non con gli stessi ritmi. 

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